(massima n. 1)
In tema di condominio negli edifici, il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti comuni, imponendo la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio. L'interpretazione delle clausole di un regolamento contrattuale contenenti limiti nel godimento delle cose comuni deve avvenire secondo le regole legali di ermeneutica contrattuale; inoltre, le prescrizioni del regolamento aventi natura solo organizzativa, come quelle che disciplinano le modalità d'uso delle parti comuni, possono essere interpretate, giusta l'art. 1362, comma 2, c.c., altresì alla luce della condotta tenuta dai comproprietari posteriormente alla relativa approvazione ed anche "per facta concludentia", in virtù di comportamento univoco. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che da un lato, a fronte di una clausola del regolamento che imponeva il divieto di intraprendere "alcuna operazione esterna che modifichi l'architettura, l'estetica o simmetria del fabbricato", aveva ritenuto che la trasformazione dell'unità immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull'armonia degli elementi strutturali della facciata, dall'altro aveva affermato che altra clausola del medesimo regolamento condominiale, che poneva il divieto di ingombro del cortile comune, non precludesse l'utilizzo di parte dello stesso cortile come parcheggio, stante anche il comportamento tenuto dai condomini che posteriormente alla redazione del medesimo regolamento avevano sempre ivi parcheggiato).