(massima n. 1)
I crediti del "de cuius", a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria in conformità all'art. 727 cod. civ., che, nel prevedere la formazione delle porzioni con inclusione dei crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché al successivo art. 757 cod. civ., in forza del quale i crediti ricadono nella comunione poiché il coerede vi succede al momento dell'apertura della successione, trovando tale soluzione conferma nell'art. 760, cod. civ., che, escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, presuppone necessariamente l'inclusione dei crediti nella comunione. Né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il "de cuius" ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale. Ne deriva che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.