(massima n. 1)
Il principio sancito dall'art. 1455 c.c., secondo cui il contratto non può essere risolto se l'inadempimento ha scarsa importanza in relazione all'interesse dell'altra parte, va adeguato anche ad un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale. Pertanto, la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all'entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione (In applicazione del suindicato principio la S.C. ha rigettato il ricorso affermando che, con riferimento a contratto di appalto per la realizzazione e messa in opera di serramenti in base al quale la società appaltatrice si era obbligata, oltre che alla realizzazione e fornitura di serramenti, anche ad organizzare il collegamento col lavoro dell'impresa posatrice — da individuarsi a cura di essa appaltatrice, e a che la messa in opera dei serramenti seguisse alla consegna senza soluzioni di continuità — tale ulteriore prestazione essendo configurabile come servizio di mediazione offerto al cliente, correttamente il giudice di prime cure, indipendentemente dal valore oggettivo della prestazione non adempiuta dall'appaltatrice, aveva valutato come grave l'inadempimento di quest'ultima obbligazione, in quanto deludeva l'aspettativa della committente al conseguimento di un risultato completo, che la esonerasse dalla ricerca di un'impresa cui affidare il compito di porre in opera i serramenti, rimanendo a tale stregua valorizzata la volontà di entrambi i contraenti in relazione allo stipulato regolamento contrattuale, nonché l'interesse oggettivo della committente all'adempimento del complesso delle obbligazioni assunte dall'appaltatrice ).