(massima n. 1)
Qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune reale volontà delle parti — sia che l'erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo loro incaricato ed ancorché siffatta discordanza non emerga prima facie, ma debba costituire oggetto di accertamento — la situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e di conseguenza non trova applicazione la normativa dell'annullamento del contratto per tale vizio. In tale caso, sulla lettera del contratto deve prevalere la reale comune volontà dei contraenti, desumibile — dal giudice del merito — sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito.