(massima n. 1)
In tema di interpretazione degli atti negoziali, l'art. 1362 c.c., nel prescrivere all'interprete di non limitarsi al senso letterale delle parole, non intende svalutare l'elemento letterale nell'interpretazione, ma anzi ribadire il valore fondamentale e prioritario che esso assume nella ricerca della comune intenzione delle parti, onde il giudice può ricorrere ad altri criteri ermeneutici solo quando le espressioni letterali non siano chiare, precise ed univoche, mentre, quando le suddette espressioni si presentino univoche secondo il linguaggio corrente, il giudice può attribuire alle parti una volontà diversa da quella risultante dalle parole adoperate soltanto se individua ed esplicita le ragioni per le quali le predette parti, pur essendosi espresse in un determinato modo, abbiano in realtà inteso manifestare una volontà diversa.