(massima n. 1)
L'istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell'art. 391 c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilitą, un errore di fatto riconducibile all'art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. e che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza (o l'inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L'errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l'altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtą desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio. (Nella specie la S.C., in applicazione del riportato principio, ha escluso la sussistenza dell'errore revocatorio, evidenziando che nell'impugnata sentenza di legittimitą, nel prendere atto che la domanda si basava sull'interpretazione di un allegato di un CCNL, la Corte di cassazione aveva rilevato che tale allegato era stato depositato con il ricorso ma aveva ritenuto non sufficiente tale deposito, essendo necessario il deposito del CCNL di cui alla do manda in forma integrale).