(massima n. 1)
In materia di contrattazione collettiva la comune volontà delle parti contrattuali non sempre è agevolmente ricostruibile attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, atteso che la natura di detta contrattazione, spesso articolata in diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale, ecc.), la vastità e la complessità della materia trattata in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa, il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell'azienda l'uso e la prassi, costituiscono elementi tutti che rendono indispensabile nella materia della contrattazione collettiva un'utilizzazione dei generali criteri ermeneutici che di detta specificità tenga conto, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall'art. 1363 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione coerente ed adeguata, aveva ritenuto, conferendo precipuo rilievo al criterio ermeneutico logico-sistematico, che l'allegato C, facente parte dell'accordo integrativo del 25 marzo 1993 relativo al personale dipendente delle Ferrovie dello Stato s.p.a., non potesse essere interpretato che in riferimento al precedente contratto del 18 luglio 1990, perché diretto ad evitare il c.d. fenomeno degli «scavalchi», e, cioè, ad impedire — all'atto in cui si procedeva ad una ristrutturazione dell'organizzazione produttiva e del personale — una completa, automatica ed ingiustificata parificazione tra dipendenti con precedenti diversi inquadramenti e diverse mansioni, comportanti pure una differenziata professionalità).