(massima n. 1)
In materia di procedimento civile, il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite; mentre in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione. Ne consegue, a tale stregua – ed altresì in considerazione dell'operare del cosiddetto effetto espansivo interno dell'art. 336, primo comma, c.p.c. in ordine ai capi della sentenza non espressamente impugnati solo in quanto dipendenti da quelli riformati o cassati –, che l'accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado ha emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione della suddetta condanna. Con l'ulteriore conseguenza che la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell'impugnazione di modificare la pronunzia sulle spese della precedente fase di merito qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado. [Nel fare applicazione dei suindicati principi, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di appello che (in assenza di devoluzione da parte del soccombente-appellante della questione relativa alla condanna a suo carico, per l'intero, delle spese del giudizio di primo grado; nonchè nel pronunziare in senso più favorevole all'appellato, accogliendo l'ulteriore pretesa dal medesimo avanzata in sede di appello incidentale) aveva compensato in parte (per un terzo) le spese del giudizio di primo grado, rideterminandone il complessivo importo].