(massima n. 1)
Il valore dell'enunciato del secondo comma dell'art. 437 c.p.c., per cui in appello non sono ammesse nuove eccezioni, consiste nel non consentire alla parte di chiedere una decisione su questioni che il giudice può esaminare solo se la parte ne fa domanda (art. 112 c.p.c.). Non è, invece, vietato alla parte, allegando con l'appello fatti non dedotti in primo grado, chiedere che il giudice d'appello pronunci su questioni sulle quali il giudice di primo grado avrebbe dovuto e potuto pronunciarsi anche d'ufficio se i fatti rilevanti fossero risultati già provati. Quanto, poi, all'enunciato secondo cui non sono ammessi nuovi mezzi di prova, esso sta nel non consentire alla parte di valersi di prove da costituire, ma non le impedisce di valersi di tipi di prova che siano i soli attraverso i quali sia giuridicamente possibile dare dimostrazione dei nuovi fatti allegati a sostegno di eccezioni ancora deducibili in appello. (La S.C. ha così stabilito che il convenuto non può, per la prima volta con l'appello, eccepire che il difensore dell'attore ha agito in nome di quello, nel giudizio di primo grado, senza una procura conferita per iscritto, e che il giudice ha il dovere di esaminare nel merito tale eccezione).