(massima n. 1)
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 67 della L. 26 novembre 1990, n. 353 — che con effetto dal primo gennaio 1993 ha esteso la revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. alla sentenza di cassazione, introducendo l'art. 391 bis c.p.c. — per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nei limiti in cui esclude la sanatoria per la notificazione del ricorso relativo alle sentenze della Corte di cassazione pronunciate prima della entrata in vigore della nuova normativa — questione che potrebbe portare alla dichiarazione d'illegittimità della norma, ove sia da interpretarsi nel senso che il dies a quo dell'impugnazione possa precedere la data dell'insorgenza del relativo diritto — non è rilevante rispetto a revocazione proposta dopo il decorso di un anno anche dall'inserimento nell'ordinamento processuale dell'art. 391 bis anzi citato. Né il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ovvero, in difetto ed indipendentemente da tale notificazione, il termine di un anno dalla pubblicazione, fissati per la proposizione della revocazione dall'art. 391 bis c.p.c. possono ritenersi irragionevoli a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 119 del 18 aprile 1996, che ha dichiarato la illegittimità di tale norma in punto di fissazione di un termine per emendare gli errori materiali delle pronunce di cassazione.