(massima n. 1)
Il rapporto che sorge, fra il privato e l'agente di borsa od un istituto di credito autorizzato a negoziare in borsa, dà luogo al cosiddetto «ordine di borsa», che non si inquadra in nessuna delle figure negoziali previste dal codice civile, e nemmeno in quella del mandato, ma costituisce un contratto atipico che trova la sua regolamentazione nelle fonti consuetudinarie ed in particolare negli usi di borsa, che, in tal modo, operano praeter legem. Sotto un tal riguardo, trova, in riferimento ad esso, operatività la disposizione di cui all'art. 16 degli usi di borsa, in base alla quale «le contestazioni relative all'esecuzione di ordini devono essere proposte prima dell'inizio della riunione di Borsa successiva al giorno in cui l'avviso di esecuzione, o quello della mancata esecuzione è giunto all'indirizzo del committente». E, quanto ai possibili profili di irragionevolezza di un tal termine così breve (profili la cui valutazione non può che rimanere estranea all'ambito delle competenze della Corte costituzionale, la quale, ai sensi dell'art. 134 Cost. giudica solo delle leggi e degli atti aventi una tal forza), essi si rivelano del tutto privi di fondamento, dovendo un termine così breve ritenersi pienamente giustificato dalla particolare natura delle contrattazioni, caratterizzate dalla celerità degli scambi e dalla stessa necessità di porre l'operatore in grado di intervenire, nel più breve tempo, per possibili azioni di rientro o di salvaguardia.