(massima n. 1)
La domanda diretta al conseguimento della rivalutazione dell'indennità di disoccupazione agricola rispetto alla misura stabilita dall'art. 13 del D.L. n. 30 del 1974 (convertito con modificazioni dalla legge n. 114 del 1974), dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 497 del 1988, ha come fatto costitutivo il ricevimento della presentazione previdenziale nella misura così esigua da avere giustificato la dichiarazione di illegittimità costituzionale. Conseguentemente la deduzione dell'Inps di avere in realtà corrisposto tale indennità nell'importo rivalutato dall'art. 7 del D.L. n. 86 del 1988 (convertito dalla legge n. 160 del 1988), non rappresenta un'eccezione in senso proprio – da proporre, nel rito del lavoro, nella memoria di costituzione a pena di decadenza – ma una mera difesa, formulabile per la prima volta anche nel giudizio di appello. D'altra parte, in relazione ad un istituto previdenziale, ente pubblico munito di un'attenuata libertà dispositiva dei diritti soggettivi dedotti in giudizio, e in osservanza del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), che impone di evitare ingiustificati arricchimenti a detrimento delle casse pubbliche, la non tempestiva contestazione di un fatto dedotto dalla controparte, pur dovuta a negligenza, non può assumere il significato di una tacita ammissione in base al dovere di prendere recisa posizione sulla domanda a norma dell'art. 416, terzo comma, c.p.c.