(massima n. 1)
Il potere attribuito dall'articolo 597, comma 5, del c.p.p. al giudice di appello di applicare con la sentenza anche di ufficio il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è un potere eccezionale e discrezionale rispetto al principio devolutivo di carattere generale sancito dal comma 1 dello stesso articolo, per cui la parte, che ha un autonomo potere di chiedere l'applicazione del beneficio, non è legittimata a impugnare la sentenza di appello a motivo del mancato esercizio di tale potere, se non abbia formulato, nei motivi di appello, la corrispondente richiesta. L'eccezionalità e la discrezionalità del suddetto potere escludono, altresì, che il giudice di appello sia tenuto a indicare in sentenza la motivazione del mancato esercizio di esso ex officio, a meno che la difesa abbia sollecitato l'esercizio di tale potere nel corso della discussione del giudizio di appello, perché in questo caso l'omessa motivazione costituirebbe un vizio della sentenza deducibile al sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), del c.p.p., come motivo di ricorso per cassazione. (La Suprema Corte, in motivazione, ha comunque precisato che la richiesta della difesa di concessione del beneficio de quo non può neppure ritenersi «implicita» nella domanda di assoluzione).