(massima n. 2)
In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da più reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata. (Fattispecie relativa a reati sessuali, nella quale la Corte ha ritenuto illegittima l'applicazione, da parte della Corte di appello, dello stesso aumento di pena operato dal primo giudice senza alcuna motivazione al riguardo, pur in presenza del riconoscimento dell'attenuante della minore gravità applicabile a tutti i reati concorrenti unificati dal vincolo ex art. 81, comma secondo, c.p.).