(massima n. 1)
L'art. 130 c.p.p. deve essere letto nel quadro dei principi costituzionali e delle caratteristiche generali dell'ordinamento processuale tenendo conto, sul piano interpretativo, delle modifiche apportate all'art. 319 bis del c.p.p. con l'art. 67 della legge 27 novembre 1990 n. 353, modifiche introdotte a seguito dei ripetuti interventi della Corte costituzionale, ribaditi da ultimo con la sentenza 31 gennaio 1991 n. 36, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 395 n. 4 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio e che hanno sostanzialmente equiparato le procedure di correzione materiale e quelle di revocazione. Quando perciò l'errore investe non la motivazione, ma la stessa esistenza della sentenza, occorrerà adottare soluzioni interpretative che facciano salvi i principi costituzionali e, analogamente a quanto avvenuto nel processo civile, distinguere tra un momento rescindente da attuarsi attraverso la procedura di correzione degli errori materiali e una fase rescissoria da demandarsi alla pubblica udienza. (Nel caso di specie la Corte ha accertato che il rapporto processuale relativo al ricorso per cassazione da parte del difensore si era irregolarmente costituito perché vi era stato un errore nella notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza, conseguentemente ha proceduto, con le formalità previste per la correzione degli errori materiali, a rettificare il tenore della decisione assunta in udienza sostituendola con il rinvio del ricorso a nuovo ruolo e le disposizioni necessarie per la corretta notifica al difensore).