(massima n. 1)
Per la configurabilità del reato di avvelenamento (ipotizzato, nella specie, come colposo) di acque o sostanze destinate all'alimentazione, pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un «avvelenamento» di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto fondata ed assorbente la censura con la quale, da parte dell'imputato, dichiarato responsabile del reato de quo a causa dello sversamento accidentale in un corso di acqua pubblica di un quantitativo di acido cromico, si era denunciato il mancato accertamento, in sede di merito, dell'effettiva pericolosità della concentrazione di detta sostanza in corrispondenza del punto d'ingresso delle acque nell'impianto di potabilizzazione, essendosi ritenuto sufficiente il mero superamento dei limiti tabellari).