(massima n. 1)
In tema di reato di corruzione di minorenne, secondo l'art. 609 quinquies c.p., introdotto dall'art. 6 legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), è punito «chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere»: scompare, quindi, dalla previsione normativa della nuova corruzione di minorenne, la precedente ipotesi degli atti di libidine commessi su persona minore degli anni sedici. Quando il minorenne non fa semplicemente da spettatore, ma egli stesso è destinatario delle attenzioni dell'agente, e cioè subisce gli atti sessuali, non si potrà più ipotizzare il delitto di «corruzione di minorenne», ma la diversa figura criminosa prevista dall'art. 609 quater (Atti sessuali con minorenne), sempre che ne sussistano le condizioni, e cioè che il minore non abbia compiuto gli anni quattordici oppure che egli, avendoli compiuti, ma non essendo ancora sedicenne, sia legato da un particolare vincolo (di parentela o di familiarità) all'agente. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio perché il fatto contestato sub art. 530 c.p. non è previsto dalla legge come reato, la S.C. ha osservato che la minorenne aveva quindici anni all'epoca dei fatti e nessun rapporto — tra quelli indicati dall'art. 609 quater, comma 1 n. 2, c.p. — la legava all'imputato, per cui il comportamento a questi addebitato, e cioè di essersi congiunto carnalmente con lei — non ricorrendo ipotesi di violenza sessuale, in quanto la stessa era consenziente — deve considerarsi decriminalizzato, non essendo più previsto dalla legge come reato, poiché, in assenza di norme transitorie, deve applicarsi il disposto dell'art. 2, comma 2, c.p., che stabilisce il principio dell'effetto retroattivo dell'abolitio criminis ovvero della non ultrattività della norma incriminatrice).