(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 101 c.p. «reati della stessa indole» sono non soltanto quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni. Alla stregua di tale criterio, più reati possono considerarsi omogenei per comunanza di caratteri fondamentali quando siano simili le circostanze oggettive nelle quali si sono realizzati, quando le condizioni di ambiente e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che rendano evidente l'inclinazione verso un'identica tipologia criminosa, ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le modalità di aggressione dell'altrui diritto rivelino una propensione verso la medesima tecnica delittuosa. Per l'individuazione e per l'esclusione dei caratteri anzidetti è necessaria una specifica indagine rimessa alla valutazione discrezionale del giudice e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata. (La S.C. ha osservato che nella fattispecie in esame, invece — pur tenendosi conto che, in tema di patteggiamento, l'obbligo generale di motivazione va correlato con il particolare tipo di sentenza previsto dall'art. 444 c.p.p. — non può non rilevarsi l'assoluta carenza di qualsiasi riferimento alla verifica circa la sussistenza delle condizioni soggettive previste dall'art. 59 legge 24 novembre 1981, n. 689 per la sostituzione della pena detentiva).