(massima n. 2)
Nel sistema normativo conseguente alla L. 21 luglio 2000 n. 205, la tutela giurisdizionale risarcitoria contro l'agire illegittimo della P.A. spetta al giudice ordinario solo in casi marginali, quante volte il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante volte l'azione della P.A. non trovi rispondenza in un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perché a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento e non come mera via di fatto. Pertanto, l'amministrazione deve essere convenuta davanti al giudice ordinario in tutte le ipotesi in cui l'azione risarcitoria costituisca reazione alla lesione di diritti incomprimibili (come la salute o l'integrità personale; deve, ancora, essere convenuta davanti giudice ordinario, quante volte la lesione del patrimonio del privato sia l'effetto indiretto di un esercizio illegittimo o mancato di poteri, ordinati a tutela del privato (versandosi, in tal caso, nell'ambito delle controversie meramente risarcitorie). In particolare, nel settore delle occupazioni illegittime, sono ascrivibili alla giurisdizione ordinaria le forme di occupazione "usurpativa" (giacché la trasformazione irreversibile del fondo si produce in una situazione in cui una dichiarazione di pubblica utilità manca affatto), e così pure i casi in cui il decreto di espropriazione è pur stato emesso, e però in relazione ad un bene, la cui destinazione ad opera di pubblica utilità la si debba dire mai avvenuta giuridicamente od ormai venuta meno, per mancanza iniziale o per sopravvenuta scadenza del suo termine di efficacia. Dove, per contro, la situazione soggettiva si presenta come interesse legittimo, la tutela risarcitoria va chiesta al giudice amministrativo; alla giurisdizione di quest'ultimo sono riconducibili anche i casi in cui la lesione di una situazione soggettiva dell'interessato è postulata come conseguenza di un comportamento inerte (si tratti di ritardo nell'emissione di un provvedimento risultato favorevole o di silenzio), giacché ciò che in tali casi viene in rilievo è bensì un comportamento, ma risolventesi nella violazione di una norma che regola il procedimento ordinato all'esercizio del potere e perciò nella lesione di una situazione dì interesse legittimo pretensivo, non di diritto soggettivo.