(massima n. 1)
L'art. 521, comma 3, c.p.p., secondo cui il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti all'ufficio requirente ove il pubblico ministero abbia effettuato una nuova contestazione fuori dei casi previsti degli artt. 516, 517 e 518, comma 2 c.p.p., se deve essere necessariamente coordinato con l'art. 23 c.p.p. (incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado), non può in alcun modo essere interpretato nel senso che sia sufficiente la contestazione in udienza, da parte del pubblico ministero, di un qualsiasi reato di competenza superiore (ancorché emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale) per sottrarre in ogni caso al giudice la cognizione del fatto in ordine al quale sia stata ritualmente esercitata l'azione penale e che costituisce la materia del processo. Ciò significa che la restituzione al pubblico ministero degli atti concernenti l'intero oggetto del giudizio può essere possibile, previa declaratoria di incompetenza per materia, solo ove venga effettuata nel dibattimento la contestazione di un reato, di competenza superiore, che secondo l'apprezzamento del giudice ricomprende e sostituisce quello oggetto della originaria imputazione; qualora viceversa venga contestato — al di fuori dei casi di cui agli artt. 516, 517 e 518.2 c.p.p. — un fatto «nuovo» rispetto a quello originariamente ipotizzato (e cioè un accadimento da questo del tutto difforme ed autonomo per le modalità essenziali dell'azione o per l'evento) che alla prima imputazione semplicemente si aggiunge, senza sostituirla o inglobarla, la restituzione degli atti al pubblico ministero non può che riguardare il fatto o i fatti irritualmente contestati e non abbisogna di alcuna previa declaratoria di incompetenza, essendo l'ordinanza che la dispone lo strumento apprestato dalla legge per rendere effettivo l'obbligo del pubblico ministero, sancito nell'art. 518.1 c.p.p., di «procede(re) nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio». (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto abnorme in parte qua l'ordinanza con la quale, dopo che il pubblico ministero aveva contestato in udienza fatti del tutto autonomi rispetto a quello per cui si procedeva, il giudice aveva ordinato la trasmissione all'ufficio di procura di tutti gli atti del processo, così determinando in relazione al reato per il quale era stata validamente esercitata l'azione penale un'inammissibile regressione alla fase delle indagini preliminari).