(massima n. 1)
In presenza della perdita di efficacia di una misura cautelare per effetto di un fenomeno estintivo della privazione della libertà, quale la revoca di cui all'art. 299, comma primo, c.p.p. (che implica una nuova valutazione delle condizioni di applicabilità della misura o delle esigenze cautelari) o quale uno degli elementi specificati negli artt. 300, 301 e 302 c.p.p. (che, a differenza della revoca, operano di diritto), ovvero per effetto della caducazione della misura dovuta allo scadere del termine massimo di durata previsto negli artt. 303 ss. c.p.p., la legge processuale non preclude, in linea di massima, la possibilità che l'indagato o l'imputato siano mantenuti in carcere o nuovamente privati della propria libertà personale in relazione allo stesso fatto (per mezzo della nuova ordinanza applicativa di cui agli artt. 300 comma quinto e 302, della rinnovazione della misura disposta per esigenze probatorie di cui all'art. 301, della proroga del termine massimo di custodia prossimo a scadere di cui all'art. 305, del ripristino della custodia cautelare di cui all'art. 307 comma secondo c.p.p.), ma richiede che nel frattempo si sia prodotta una modifica della situazione personale del soggetto per effetto di un evento nuovo (come la sentenza di condanna che fa seguito a quella di proscioglimento di cui all'art. 300 comma quinto, il protrarsi delle esigenze probatorie di cui all'art. 301, l'interrogatorio dell'imputato a piede libero di cui all'art. 302, la necessità della perizia sullo stato di mente dell'imputato o quella di un accertamento particolarmente complesso di cui all'art. 305 c.p.p., la trasgressione dolosa delle prescrizioni di cui all'art. 307 comma secondo lett. a), e dell'emergere di specifiche esigenze cautelari (espressamente indicate come nuove rispetto a quelle originarie o della stessa natura ma da valutare nuovamente). Qualora non sia intervenuta alcuna modifica nel senso sopra specificato, opera in tutti i suoi effetti la norma generale di cui all'art. 306 comma primo c.p.p. secondo la quale «nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia secondo le norme del presente titolo, il giudice dispone con ordinanza l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura».