(massima n. 1)
Qualora in grado di appello venga affermata, nei confronti di un soggetto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, la sussistenza, esclusa nel primo giudizio, di uno dei reati per i quali l'art. 275, comma 3, c.p.p., impone la custodia cautelare in carcere, ai fini della decisione sullo status libertatis dell'imputato deve aversi riguardo non già al suddetto art. 275, poiché non si verte in tema di prima applicazione di una misura cautelare di coercizione personale, bensì all'art. 299, comma 4, c.p.p., che prevede la modifica peggiorativa della precedente misura in corso di applicazione quando risultino aggravate le esigenze cautelari. Ne consegue che la pura e semplice intervenuta condanna per uno dei reati predetti, non accompagnata da alcun elemento sintomatico dell'emergere di qualche evenienza negativamente influente sulle esigenze cautelari ex lettere b) e c) dell'art. 274 c.p.p., non può essere idonea a modificare il quadro giuridico-processuale esistente al momento della concessione degli arresti domiciliari e a fondare il ripristino della misura cautelare della custodia in carcere.