(massima n. 3)
In tema di patteggiamento, è dovere indeclinabile del giudice esaminare, prima della verifica dell'osservanza dei limiti di legittimità della proposta di pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l'eventuale esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il proscioglimento dell'imputato e creando un impedimento assoluto all'applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispositivi delle parti. Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p. soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l'obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni. Ne consegue che, con riferimento alla prescrizione, il giudice ha il potere-dovere di dichiararla non soltanto allorché accerti l'avvenuto decorso del termine stabilito per il reato enunciato nel capo di imputazione, ma anche allorché, restando immutato il fatto che forma oggetto della contestazione, reputi che esso deve essere ricondotto sotto un diverso titolo di reato per il quale la prescrizione è già maturata, oppure quando dagli atti emergano inoppugnabilmente, ictu oculi, precisi e completi elementi di giudizio che rendono certa l'inesistenza delle aggravanti contestate ovvero forniscono una base sicura e indiscutibile per l'applicazione di circostanze attenuanti o consentono di procedere a un'esuriente valutazione comparativa delle circostanze ai sensi dell'art. 69 c.p., sì da ricondurre il reato in limiti punitivi, cui sia correlato un più breve termine prescrizionale già maturato.