(massima n. 1)
L'art. 96, comma 2, c.p.p., che detta le formalità per la nomina del difensore di fiducia da parte dell'imputato, è, per la sua intrinseca natura e per la finalità perseguita, una norma non inderogabile ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, ed è quindi suscettibile, in quanto tale, di una interpretazione non rigida e chiusa in schemi formali che ne comprometterebbero la funzione garantista che la finalizza; e ciò anche alla luce della norma sovraordinata, costituita dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, che tutela il diritto di difesa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che, pur in assenza di un formale atto di nomina, dovesse essere considerato difensore dell'imputato quello che, oltre ad aver ricevuto l'avviso dell'udienza ed aver chiesto ed ottenuto dei rinvii in primo grado, aveva poi anche sottoscritto l'atto di appello avverso la sentenza del tribunale ed era stato indicato come difensore nel decreto di citazione a giudizio in appello notificato allo stesso imputato senza che quest'ultimo, non comparso, avesse provveduto a designare altro difensore).