(massima n. 3)
La soggezione al termine breve d'impugnazione di cui all'art. 325 c.p.c., decorrente dalla data di notificazione della prima impugnazione, inammissibile o improcedibile, opera nel solo caso di riproposizione (finché consentita) dell'impugnazione da parte dell'originario impugnante (atteso che la detta notificazione, ai fini della conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante, è equipollente alla notificazione della sentenza medesima), mentre l'applicabilità del suddetto termine breve va esclusa nel caso di proposizione di una successiva impugnazione da parte di soggetto diverso, ancorché succeduto al primo nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, come avviene nel caso di fusione di società per incorporazione. Né è idoneo a far decorrere il termine breve per l'impugnazione il deposito, nell'originario giudizio, di atto di intervento, atteso che, a detto fine, la notificazione della sentenza non ammette equipollenti, salvo quello sopra indicato. (Nella fattispecie, la Suprema Corte, in applicazione degli enunciati principi, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello, che aveva ritenuto ammissibile l'appello proposto da una società incorporante, nonostante che la proposizione fosse avvenuta oltre il decorso del termine breve sia dalla precedente impugnazione da parte dell'incorporata - inammissibile perché proveniente da società già estinta -, sia dal deposito di atto di intervento effettuato dalla stessa incorporante nel giudizio di appello originariamente instaurato dall'incorporata).