(massima n. 1)
In tema di licenziamento disciplinare, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l'esercizio del potere disciplinare, la tempestivitā di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilitā del fatto, nelle sue linee essenziali, al lavoratore medesimo, la cui prova č a carico del datore di lavoro, senza che possa assumere autonomo ed autosufficiente rilievo la denunzia dei fatti in sede penale o la pendenza stessa del procedimento penale, considerata l'autonomia tra i due procedimenti, l'inapplicabilitā, al procedimento disciplinare, del principio di non colpevolezza, stabilito dall'art. 27 Cost. soltanto in relazione al potere punitivo pubblico, e la circostanza che l'eventuale accertamento dell'irrilevanza penale del fatto non determina di per sé l'assenza di analogo disvalore in sede disciplinare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, con riferimento ad un dipendente postale, aveva ritenuto violato il principio della immediatezza della contestazione, avvenuta a distanza di diversi anni dai fatti, ritenendo che il tempo trascorso fosse oggettivamente eccessivo e tale da ledere il diritto di difesa del dipendente, ed evidenziando che il datore di lavoro aveva comunque avuto, adeguata cognizione dei fatti fin dagli accertamenti ispettivi).