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Articolo 245 Decreto "Rilancio"

(D.L. 19 maggio 2020, n. 34)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Misura di sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di “Resto al Sud” per far fronte agli effetti dell’emergenza sanitaria

Dispositivo dell'art. 245 Decreto "Rilancio"

1. Al fine di salvaguardare la continuità aziendale e i livelli occupazionali delle attività finanziate dalla misura agevolativa "Resto al Sud" di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, nonché di sostenere il rilancio produttivo dei beneficiari della suddetta misura e la loro capacità di far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19, i fruitori del suddetto incentivo possono accedere, nei limiti delle risorse disponibili ai sensi del comma 4, ad un contributo a fondo perduto a copertura del loro fabbisogno di circolante, il cui ammontare è determinato, ai sensi del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, e nei limiti dallo stesso previsti all'articolo 3, comma 2, in misura pari a:

  1. a) 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale;
  2. b) 10.000 euro per ciascun socio, fino ad un importo massimo di 40.000 euro per ogni impresa.

2. Per accedere al contributo di cui al comma 1, i liberi professionisti, le ditte individuali e le società, ivi incluse le cooperative, devono:

  1. a) aver completato il programma di spesa finanziato dalla suddetta misura agevolativa;
  2. b) essere in possesso dei requisiti attestanti il corretto utilizzo delle agevolazioni e non trovarsi quindi in una delle condizioni di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno del 9 novembre 2017, n. 174;
  3. c) avere adempiuto, al momento della domanda, agli oneri di restituzione delle rate del finanziamento bancario di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), del decreto del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno del 9 novembre 2017, n. 174.

3. Il contributo di cui al comma 1 è erogato in un'unica soluzione dal soggetto gestore di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, a seguito dello svolgimento delle verifiche di cui al comma 2 e contestualmente all'erogazione della quota a saldo di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto del Ministro per la coesione territoriale e il mezzogiorno del 9 novembre 2017, n. 174, ovvero, qualora sia già stata completata l'erogazione delle risorse, entro 60 giorni dalla presentazione della relativa richiesta.

4. I contributi di cui al comma 1 sono concessi a valere sulle risorse assegnate, con delibere Cipe n. 74 del 7 agosto 2017 e n. 102 del 22 dicembre 2017, all'incentivo di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

[[Relazione illustrativa e tecnica. L'attuale emergenza sanitaria, determinata dall'epidemia di COVID-19, è destinata ad impattare pesantemente sulla situazione socio-economica del Paese, che rischia di dover affrontare una crisi produttiva ed occupazionale senza precedenti. La rapida diffusione del virus ha reso necessaria, infatti, l’adozione di misure sempre più restrittive alla libera circolazione delle persone ed all’esercizio delle attività economiche, incidendo così, con effetti di lungo periodo, sul sistema produttivo nazionale, caratterizzato dalla marcata prevalenza (99,4% del totale) delle piccole e piccolissime imprese. Anche qualora fosse disposta nel breve termine, sul piano normativo, la riapertura delle attività imprenditoriali, alla crisi sul lato dell’offerta verrà ad aggiungersene un’altra sul versante della domanda, in considerazione della riduzione della capacità di spesa delle famiglie correlata agli effetti del lock-down. In relazione all’impatto economico del Covid-19, sono già disponibili delle stime (ad es. il rapporto Svimez del 9 aprile u.s.) sulle sue ricadute nelle diverse aree del Paese. In particolare, se è vero che la contrazione del PIL interesserà soprattutto il Nord Italia, che è allo stesso tempo l’area più produttiva e la più colpita dall’epidemia, è il Sud che rischia di vedere pesantemente compromesso il suo assetto economico e sociale, a causa della lunga fase di stagnazione degli ultimi anni (con la sola, e parziale, eccezione del biennio 2016/17). Infatti, come già registrato per la crisi del 2009, in un’economia, come quella meridionale, nella quale la dinamica del PIL è «trainata» dalla spesa delle famiglie piuttosto che dagli investimenti del comparto industriale (come invece accade al Centro Nord), i tempi per un’inversione di tendenza e per la ripresa economica saranno inevitabilmente molto più lunghi. La decrescita strutturale della domanda interna, inoltre, non impatterà in maniera omogenea sulle varie classi dimensionali d’impresa, ma interesserà in misura maggiore le micro-iniziative, che rappresentano la fattispecie di gran lunga più diffusa nelle regioni meridionali e che sono quelle più interessate dal fenomeno del lavoro irregolare e/o sommerso, con la conseguenza che una drastica e ulteriore contrazione del comparto potrebbe produrre effetti devastanti sulla tenuta del tessuto sociale prima ancora che di quello economico. Guardando alla distribuzione settoriale dell’impatto economico del Covid-19, sulla base dei dati ISTAT è possibile rilevare che l’incidenza delle imprese e degli occupati “sospesi” per effetto del lock-down da Coronavirus è particolarmente elevata per i servizi collettivi e personali (solo il 19% di operatori attualmente attivi) e per quello degli alberghi e ristoranti (14%). Pur non risultando, ad oggi, puntualmente quantificabili gli effetti del blocco delle attività imprenditoriali nei diversi settori economici, dipendendo anche dalla durata delle attuali restrizioni, si rileva che la sospensione delle attività è al momento di oltre 10 giorni maggiore, rispetto all’industria manifatturiera, per il comparto dei servizi, che rappresenta una quota significativa dell’occupazione nelle aree più deboli del Paese (e in particolare nel Mezzogiorno). Fin da ora è comunque possibile prevedere che, tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dell’emergenza sanitaria, figureranno quelli relativi al turismo (ricettività, attività accessorie e agenzie di viaggi), alla ristorazione e ai servizi di prossimità/alla persona. Nel contesto sopra delineato emerge chiaramente, oltre all’esigenza di mettere a punto misure di contrasto alla crisi nelle aree più colpite dal Covid-19, anche la necessità di intervenire sull’intero territorio nazionale a salvaguardia della coesione sociale e dell’occupazione, con particolare attenzione alle aree più deboli del Paese e, al loro interno, alle imprese che, per dimensione e settore di attività, sono maggiormente a rischio di default; al riguardo si sottolinea che, sulla base delle stime già disponibili, si prevede che i fallimenti d’impresa nel Mezzogiorno saranno 4 volte superiori a quelli che si determineranno nelle regioni del Centro-Nord. Resto al Sud, nato come strumento agevolativo a supporto della nascita di nuove attività imprenditoriali nel Mezzogiorno, e recentemente esteso alle aree del cratere sismico del Centro Italia, ha ad oggi finanziato più di 5.200 iniziative imprenditoriali (con investimenti attivati per 352 milioni di euro, a fronte di agevolazioni pari a 166 milioni di euro), in larga parte operanti proprio nei settori economici più interessati, come sopra evidenziato, dagli effetti della crisi (52% attività turistico/culturali; 19% servizi alla persona). Al fine di evitare che le iniziative finanziate, peraltro tuttora in fase di start-up, vedano compromessa la loro permanenza sul mercato per effetto di una crisi di liquidità dovuta alla sospensione dell’attività e alla successiva contrazione della domanda dei loro prodotti/servizi, si propone l’istituzione, ad integrazione degli incentivi già previsti dalla misura Resto al Sud, di un contributo a copertura del fabbisogno di capitale circolante, nella misura massima di 40.000 euro, da erogarsi soltanto a seguito del completamento dei programmi di spesa già agevolati e a condizione che siano stati rispettati tutti gli obblighi e gli adempimenti previsti dal regime di aiuto. Il contributo in oggetto è, peraltro, in linea con le indicazioni e gli orientamenti adottati di recente dall’Unione Europea per il superamento degli effetti della crisi Covid-19; in particolare si segnala quanto disposto, a valere sui fondi strutturali, con il Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020. Si sottolinea che Resto al Sud prevede che le spese relative al capitale circolante possano essere riconosciute soltanto in misura pari al 20% del programma di spesa ammesso alle agevolazioni ed esclusivamente con riferimento ad alcune tipologie di costo di gestione (materie prime, materiali di consumo, semilavorati e prodotti finiti, utenze e canoni di locazione per immobili, eventuali canoni di leasing, acquisizione di garanzie assicurative funzionali all'attività finanziata); nei 24 mesi di realizzazione delle iniziative resta pertanto non coperta, anche a prescindere dagli effetti dell’attuale emergenza epidemiologica, una componente rilevante del fabbisogno di circolante dei soggetti beneficiari. L’incentivo a fondo perduto proposto consentirebbe di salvaguardare la continuità aziendale e i livelli occupazionali delle imprese agevolate da Resto al Sud, evitando che sia vanificato, in una misura che potrebbe essere significativa, l’investimento pubblico già effettuato per contrastare il fenomeno dei flussi migratori verso altre aree del Paese e sostenere lo sviluppo socio-economico del Mezzogiorno. Potrebbe inoltre rendere più attrattivo lo strumento agevolativo per i lavoratori irregolari, promuovendo così percorsi di emersione dall’economia informale in maniera più efficace di quanto finora registrato, a tutto vantaggio anche di un effetto di pay-back per le casse dello Stato, alimentato dalle entrate erariali e dai contributi previdenziali. Per quanto concerne la copertura finanziaria, si sottolinea che la presente proposta non comporta alcun onere aggiuntivo per il bilancio dello Stato, dal momento che sarebbe unicamente a valere sulle risorse già assegnate allo strumento agevolativo dalle delibere CIPE n.74 del 7 agosto 2017 e n. 102 del 22 dicembre 2017. Considerato che le imprese che risulteranno complessivamente ammesse alle agevolazioni di Resto al Sud entro la fine dell’anno 2020 sono stimabili in un numero pari a circa 7.500, e tenuto conto dell’attuale trend di ripartizione tra attività individuali e società con due o più soci (fino a un massimo di quattro), il tiraggio finanziario in oggetto è stimabile in circa 140/150 milioni di euro (come detto, la misura Resto al Sud ha ad oggi attivato investimenti per 352 milioni di euro, a fronte di agevolazioni pari a 166 milioni di euro).]]

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