La norma in esame tutela non solo il diritto di
proprietà altrui, ma anche il
possesso, e il
delitto può essere quindi commesso anche dal
proprietario sul proprio
fondo, qualora, esso sia dato in detenzione ad altri.
Viene punita l'introduzione non giustificata in un fondo altrui, quando esso appaia visibilmente recintato o delimitato.
Per “stabile riparo” deve intendersi qualsiasi mezzo atto ad ostacolare l'ingresso in un fondo ed a manifestare, quindi, la volontà del proprietario o del possessore di vietare l'ingresso. Non occorre che l'ingresso nel fondo sia reso impossibile, essendo sufficiente che esso non possa effettuarsi senza un qualche sforzo.
///SPIEGAZIONE ESTESA
Il
delitto in esame punisce chi,
volontariamente, si
introduca in maniera
arbitraria e
senza necessità in un
fondo altrui, il quale sia
recintato da un
fosso, da una siepe viva oppure da un altro riparo stabile.
La
condotta tipica consiste nell’
introdursi in un
fondo altrui che sia
recintato da un fosso, da una siepe viva oppure da un altro riparo stabile. Qualora, però, il
mezzo utilizzato costituisca, di per sé, una
fattispecie criminosa, quale ad esempio il danneggiamento,
ex art. 635 del c.p., si ha un
concorso di reati. Nel caso in cui, poi, il
mezzo usato dall’agente sia costituito dalla
violenza personale o dalla
minaccia, risulta integrato il delitto di cui all’
art. 634 del c.p.
In ogni caso, l’ingresso arbitrario dell’agente deve avvenire
senza necessità. Non è, dunque, sufficiente che il fondo sia recintato con delle reti metalliche, dei fili di ferro, o dei muri, oppure che il recinto non sia aperto nel momento del fatto, essendo anche necessario che l’introduzione avvenga senza necessità, ossia in maniera del tutto
arbitraria. In ragione di ciò, il consenso dell’
avente diritto esclude, quindi, l’illiceità del fatto.
L’
oggetto materiale del reato è costituito dal
fondo altrui che sia
recintato da un fosso, da una siepe viva o da un altro riparo stabile. Si considera “altrui” il fondo di cui il soggetto attivo non vanti né la
proprietà, né il
possesso, né nessun altro
diritto reale.
Si può trattare sia di un
fondo rustico che di un fondo urbano, purché esso non costituisca un’appartenenza di un’
abitazione altrui o di un altro
luogo di privata dimora, poiché, in tal caso, risulterebbe integrato il reato di violazione di
domicilio,
ex art. 614 del c.p.
È un reato di
mera condotta, in quanto si considera
consumato non appena l’agente sia
entrato nel
fondo altrui, superando il recinto che lo delimita.
Pur trattandosi di un delitto di mera condotta, la fattispecie in esame ha natura di reato
eventualmente permanente, in quanto alla sua consumazione può seguire uno stato antigiuridico duraturo, il quale può essere fatto cessare con un atto di volontà dell’agente.
È
ammesso il
tentativo qualora la condotta non sia portata a compimento per una ragione indipendente dalla volontà dell’agente.
Ai fini dell’integrazione del delitto in esame, è sufficiente che sussista, in capo all’agente, il
dolo generico, quale coscienza e volontà di entrare, arbitrariamente e senza necessità, in un fondo altrui. Il fine eventualmente perseguito dal reo è indifferente, a meno che non sia idoneo ad integrare una diversa fattispecie criminosa.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA