Il legislatore, avendo operato una scelta intermedia tra ammissibilità o meno delle c.d.
prove atipiche (ovvero non disciplinate espressamente dalla legge), senza escluderne a priori l’utilizzabilità in sede processuale, ne ha tuttavia delimitato l’ambito di operatività.
Si è dunque deciso di non dettare alcuna aprioristica preclusione nei confronti delle prove atipiche, trasferendo in capo al giudice il compito di valutarne l’ammissibilità, anche in riferimento all’importanza che di volta in volta possono assumere nella fattispecie concreta.
Ai sensi della norma in commento,
non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona offesa, tecniche o metodi idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti. Trattasi di un principio complementare a quello di cui al successivo articolo, secondo il quale è fatto divieto di pregiudicare la libertà morale della persona.
Tuttavia, la norma in esame presenta uno scopo ibrido: da un lato il
legislatore ha inteso rispettare i più elementari e basilari principi di rispetto dei diritti umani, dall’altro lato ha voluto non pregiudicare l’accertamento della verità. Sotto quest’ultimo aspetto, è chiaro infatti che metodi di accertamento probatorio particolarmente invasivi o atipici possono alterare la capacità di valutare i fatti o la capacità di ricostruzione degli avvenimenti.