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Articolo 283 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Divieto e obbligo di dimora

Dispositivo dell'art. 283 Codice di procedura penale

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede [279](1).

2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede [279], dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo(2). Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari [274] previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.

3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti.

4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro [284 3].

5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata [275 5], il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.

6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione [276].

Note

(1) Tale divieto deve cercare di tenere conto delle esigenze di alloggio, lavoro ed assistenza della persona sottoposta, così da non arrecare maggiore pregiudizio.
(2) Si ricordi che la circolazione è libera all'interno della circoscrizione territoriale indicata.

Ratio Legis

La norma in esame è diretta a soddisfare l'esigenza cautelare di impedire l'inquinamento delle fonti probatorie e la reiterazione di reato.

Spiegazione dell'art. 283 Codice di procedura penale

L'applicazione delle misure coercitive segue il principio di gradualità, oltre ai principi generali di adeguatezza delle misure in relazione alle esigenze cautelari.


Le misure cautelari coercitive sono ordinate codicisticamente in termini di progressiva afflittività, cominciando cioè da misure di contenuto meramente obbligatorio, per finire con le vere e proprie misure detentive.


La norma in oggetto disciplina l'obbligo di dimora. Va sottolineata l'attribuzione al giudice del potere di disporre, oltre alla tradizionale prescrizione di non allontanarsi senza la prevista autorizzazione, dal territorio del comune di dimora abituale, di comuni vicini o di frazioni di tali comuni, anche quella di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze lavorative.

Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti.

Essa è, nella sostanza, una prescrizione analoga a quella prevista per gli arresti domiciliari, riguardo alla quale l'obbligo dell'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione, o dagli altri luoghi consentiti, può risultare attenuato solamente dall'autorizzazione del giudice ad assentarsi nel corso della giornata per il temp strettamente necessario a provvedere ad indispensabili esigenze di vita, ovvero per esercitare una attività lavorativa nei casi di assoluta indigenza.

Ad ogni modo, la norma tenta di attribuire al giudice un ampio potere discrezionale, il quale dovrà altresì tener conto delle esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato, oltre ad assicurare il proseguimento di programmi di recupero in caso di imputati tossicodipendenti. Difatti, quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.

Il rispetto delle prescrizioni del giudice è assicurato dal controllo della poliza giudiziaria, che ne vigila l'osservanza e comunica al pubblico ministero ogni infrazione degli obblighi.

Massime relative all'art. 283 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 12379/2018

In tema di misura cautelare dell'obbligo di dimora di cui all'art. 283 cod. proc. pen., è possibile l'ampliamento dei limiti territoriali della prescrizione per tutelare le necessità lavorative dell'indagato, se tale ampliamento è compatibile con la salvaguardia delle esigenze di cautela.

Cass. pen. n. 16117/2017

La misura cautelare dell'obbligo di dimora di cui all'art. 283 cod. proc. pen. prevede il tassativo riferimento al territorio del Comune di dimora abituale o di una frazione del predetto Comune o di un Comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo; ne consegue che è illegittimo il provvedimento cautelare che amplia l'unità territoriale ove applicare la misura cautelare oltre all'ambito comunale, anche laddove tale decisione sia posta a tutela delle esigenze di lavoro dell'indagato, evocate dal comma quinto dell'art. 283 cod. proc. pen. (In applicazione di questo principio la S.C., rigettando il ricorso dell'indagato, ha ritenuto corretta l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva annullato il provvedimento del G.I.P. che aveva esteso l'obbligo di dimora ai territori di tre province in ragione delle esigenze lavorative del ricorrente).

Cass. pen. n. 13093/2014

È illegittima, per violazione del principio di proporzione, l'applicazione al pubblico ufficiale, autore di un delitto contro la P.A., della misura cautelare del divieto di dimorare e accedere nel comune nel quale svolge la propria attività lavorativa, laddove essa sia esclusivamente diretta a fronteggiare il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie ed abbia sostanzialmente la funzione di vietarne l'ingresso in alcuni specifici edifici ovvero di impedire l'esercizio di funzioni pubblicistiche, trattandosi di finalità cautelare al cui soddisfacimento è già preordinata, se applicabile, la misura interdittiva prevista dall'art. 289 c.p.p..

Cass. pen. n. 18353/2011

Il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna a pena detentiva suscettibile di esecuzione comporta la caducazione immediata della misura coercitiva non custodiale già applicata al condannato; in tal caso, l'estinzione della misura opera di diritto, senza che sia necessario alcun provvedimento che la dichiari. (Nella specie, obbligo di dimora).

Cass. pen. n. 26795/2006

In materia cautelare, l'interesse dell'indagato all'impugnazione permane anche nel caso in cui, nelle more del procedimento incidentale de libertate la misura della custodia cautelare in carcere sia sostituita con quella del divieto di dimora, sempre che l'applicazione dell'originaria misura possa costituire per l'interessato presupposto del diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita ingiustamente, essendo stato il provvedimento coercitivo emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.

Cass. pen. n. 10672/2003

In tema di misure coercitive, il provvedimento con cui il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno deve essere specifico quanto a presupposti, limiti, ambito di applicazione, sì da non comprimere totalmente, per genericità ed indeterminatezza, la libertà di movimento dell'imputato e da non snaturare la misura medesima, attribuendole connotati di afflittività in tutto simili a quelli che caratterizzano gli arresti domiciliari. (Fattispecie in cui la Corte ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il giudice aveva imposto agli indagati il divieto di non allontanarsi dall'abitazione in occasione di “cortei o pubbliche manifestazioni di carattere politico”).

Cass. pen. n. 32894/2001

In tema di obbligo di dimora, il provvedimento con cui il giudice impone il divieto di allontanamento dall'abitazione (nella specie: nelle ore notturne) non viola il limite di cui al quarto comma dell'art. 283, (il quale impone che il provvedimento non rechi pregiudizio per le normali esigenze di lavoro), allorché le ragioni di cautela siano individuate proprio in relazione al lavoro svolto dal sottoposto alla misura coercitiva. (Nella specie, attività svolta presso i locali notturni e direttamente collegata al reato di lesioni personali commesso a carico di un avventore).

Cass. pen. n. 4245/2000

La misura cautelare dell'obbligo di dimora può essere accompagnata, ai sensi dell'art. 283, comma 4, c.p.p., dal divieto di allontanarsi dall'abitazione per alcune ore del giorno, con il solo limite che tale divieto non sia di «pregiudizio per le normali esigenze di lavoro». Non può pertanto, sostenersi che il divieto di allontanarsi dall'abitazione tra le ore 18 e le ore 6 del mattino successivo sia illegittimo né che esso valga a trasformare indebitamente la misura in questione in una sorta di semidetenzione domiciliare.

Cass. pen. n. 2136/1996

Non può essere considerata trasgressiva del divieto di dimora in un determinato luogo e dell'obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia giudiziaria predeterminato, e non può, quindi, dar luogo al ripristino, ai sensi dell'art. 307, comma 2, lettera a), c.p.p., della più grave misura della custodia cautelare in carcere, la condotta di chi si sia temporaneamente allontananto dal luogo indicato come quello di propria dimora (diverso da quello per il quale era stato imposto il divieto), dandone comunicazione all'ufficio di polizia giudiziaria presso il quale doveva presentarsi ed ottemperando, quindi, all'obbligo di presentazione presso altro ufficio indicatogli dal primo.

Cass. pen. n. 2260/1994

L'obbligo di dimora previsto dall'art. 283 c.p.p., per il suo contenuto, è in sostanza una misura di sicurezza, come tale incompatibile con il rito di cui all'art. 444 c.p.p. (Nella fattispecie, poiché non era stato adottato alcun provvedimento in ordine alla misura dell'obbligo di dimora imposta all'imputato del Gip, la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza ex art. 444 c.p.p. limitatamente alla mancata revoca di tale obbligo).

Cass. pen. n. 1454/1992

Il «divieto di dimora» di cui all'art. 283 comma primo c.p.p. non deve necessariamente limitarsi ad un comune o frazione di esso (come si verifica invece nel caso dell'«obbligo di dimora» previsto nel comma secondo del medesimo articolo), ma può estendersi anche ad ambiti territoriali più vasti, quali la provincia o la regione, purché specificamente individuati e logicamente collegati alle esigenze cautelari.

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R. S. chiede
venerdì 03/05/2024
“Se in sostituzione degli arresti domiciliari viene disposto il divieto di dimora nel comune di residenza, ma il destinatario della misura non ha la possibilità di trasferirsi altrove, può mantenere volontariamente la condizione di detenuto domiciliare? E in caso contrario, deve essere disposto un termine entro il quale deve lasciare il proprio domicilio?”
Consulenza legale i 03/05/2024
La richiesta di parere è alquanto anomala e ipotizza una situazione di difficile verificazione per diverse ragioni (non è un caso che il codice nulla dica al riguardo e che non vi sia casistica giurisprudenziale in merito).

In via generale è possibile dire che è molto difficile che il giudice addetto alla misura cautelare, di sua sponte, proceda alla sostituzione di una misura più grave (come gli arresti domiciliari) con una meno afflittiva (come il divieto di dimora). Di solito, infatti, a tal fine vengono interposte apposite istanze dal difensore che, in caso di richiesta del divieto di dimora, contengono anche apposite allegazioni funzionali a individuare il luogo dove il soggetto dimorerà.

Nel caso di specie è accaduto che il giudice abbia comminato il divieto di dimora a seguito di istanza difensiva funzionale a richiedere la sostituzione della custodia cautelare con l'obbligo di firma. In realtà va detto che nel momento in cui il difensore chiede la sostituzione della misura con una meno gravosa, il giudice è libero di comminare la misura più idonea a sopperire alle esigenze cautelari e non è tenuto ad attenersi alle richieste difensive, a meno che l'avvocato non indichi espressamente le ragioni per cui una o più misure non siano concretamente applicabili.

Ciò detto, rispondendo al parere:

- In via generale non sembra esservi nessun argomento contrario al fatto che il soggetto possa decidere di sottoporsi alla misura più gravosa in luogo di quella meno afflittiva. In via teorica, dunque, ben si può immaginare che il soggetto indagato possa decidere di continuare a scontare la cautelare sotto forma di arresti domiciliari e/o chiedere, come sarebbe opportuno nel caso di specie, la comminazione degli stessi stante l'impossibilità (che dovrà essere concreta, effettiva e cogente) di eseguire la misura del divieto di dimora comminata;
- Laddove la misura dovesse essere comunque sostituita, la stessa è immediatamente efficace dal momento in cui la stessa viene notificata al difensore e all’indagato e non sono previsti termini di “organizzazione” a meno che ciò non sia stato espressamente previsto dal giudice a seguito di una richiesta del difensore. Di solito, comunque, la concessione di un termine è cosa molto rara in quanto, come detto prima, il divieto di dimora viene comminato quando già il soggetto ha individuato un luogo in cui eseguire la misura.