La “mediazione familiare”, a cui è dedicata la norma in esame, non è uno strumento di nuova creazione, trattandosi di un istituto giuridico già previsto nell’ormai abrogato comma 2 dell’art. 337 octies del c.p.c..
Con la Riforma il legislatore ha, tuttavia, deciso di dedicare ad esso un’intera norma, probabilmente al preciso fine di far sì che gli avvocati possano meglio valorizzarlo.
In ogni fase del procedimento il giudice assume un ruolo centrale nell’incentivare la risoluzione delle controversie familiari, sia esercitando una funzione conciliativa in ambito endoprocessuale, sia mediante l’adozione di provvedimenti finalizzati ad indurre le parti a trasferire la
controversia in ambito extraprocessuale, per tentarne la composizione convenzionale attraverso un percorso di mediazione.
Sotto il profilo dell’accesso, la stessa è configurata come una possibilità alla quale le parti devono poter ricorrere su base volontaria; a tal fine, si è preso spunto dall’esperienza di altri ordinamenti in cui questa pratica si è particolarmente sviluppata, prevedendo la possibilità per le parti di ricevere direttamente informazione da un
mediatore circa le caratteristiche e le modalità di tale percorso
Il secondo comma dispone che il giudice può rinviare, qualora ne ravvisi l’opportunità, anche l’adozione di provvedimenti emessi all’esito della prima udienza se, sentite le parti, abbia poi raccolto il loro consenso ad avviare il percorso di mediazione familiare.
Nel caso in cui la coppia genitoriale decida, anche su proposta del magistrato, di avviare la mediazione familiare, sarà cura dei legali chiedere di sospendere il procedimento per un termine di almeno un paio di mesi al fine di ridurre il livello di conflitto.
In conseguenza del pieno riconoscimento della mediazione familiare, il legislatore ha introdotto l’art. 4, comma 1 del D.Lgs. 10.10.2022, n. 149, per effetto del quale è stata a sua volta inserita nelle disposizioni di attuazione la disciplina dei mediatori familiari, a cui vengono dedicati cinque articoli (dall’
12 bis all’
12 sexies disp. att. c.p.c.
Sembra opportuno evidenziare che la mediazione familiare non costituisce propriamente un istituto di risoluzione alternativa della controversia, in quanto la stessa, anche quando produce un accordo, non risolve di per sé la lite, essendo sempre necessario un ulteriore momento più specificamente giuridico formale.
Il mediatore familiare non compie valutazioni né allo stesso possono riconoscersi poteri inquisitori che possano renderlo protagonista di un'indagine sulla veridicità di notizie di reato apprese nella stanza di mediazione.
Con particolare riferimento all’ipotesi in cui si tratti di provvedimenti riguardanti i figli, essa si configura come un percorso di ristrutturazione e rigenerazione delle relazioni tra le parti, nel corso del quale il mediatore svolge la sua opera con strumenti che non sono puramente giuridici, in un contesto che non faccia percepire alle parti la tensione agonistica del processo, ma che piuttosto rafforzi in loro la capacità comunicativa e di confronto con il precipuo fine di raggiungere un accordo.