Cass. civ. n. 24546/2019
La dichiarazione di interruzione del processo, emessa erroneamente per difetto del presupposto richiesto dall'art. 300 cod. proc. civ., non comporta la nullità degli atti successivi del processo, che sia stato proseguito per impulso di una delle parti nel rispetto del contraddittorio con le altre. In tal caso si configura, a seguito dell'omessa fissazione dell'udienza per il prosieguo, una fattispecie equiparabile, in via analogica, a quella prevista dall'art. 289 cod. proc. civ. (che prevede l'integrazione ad istanza di parte dei provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell'udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali), con il conseguente onere della parte di richiedere al giudice l'integrazione del provvedimento con la fissazione dell'udienza di prosecuzione della causa. (Nella fattispecie, relativa ad azioni revocatorie contro uno stesso atto, riunite in unico processo, la S.C. ha ritenuto come equipollente all'istanza ex art. 289 cod. proc. civ. la domanda con cui uno dei creditori aveva chiesto la revoca del provvedimento di estinzione, per rinuncia agli atti da parte dell'altro creditore e conseguente accettazione, e la rimessione della causa sul ruolo). (Rigetta, App. Lecce, 07/05/2004).
Cass. civ. n. 26285/2019
Qualora il giudice dell'esecuzione, ravvisando identità di fatti costitutivi tra l'opposizione all'esecuzione innanzi a lui proposta e un'opposizione a precetto già promossa, con il provvedimento di chiusura della fase sommaria non assegni alle parti il termine per promuovere il giudizio di merito, la parte interessata a sostenere la diversità delle domande formulate nelle due opposizioni è tenuta ad introdurre, di sua iniziativa, il giudizio di merito nel termine di cui all'art. 289 c.p.c., in quanto avverso il provvedimento di chiusura della fase sommaria dell'opposizione, avente natura meramente ordinatoria, non possono essere esperiti né l'opposizione agli atti esecutivi, né il ricorso per cassazione ex art. 111, settimo comma, Cost., né il regolamento di competenza. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.).
Cass. civ. n. 12170/2016
In tema di opposizioni esecutive ex artt. 615, comma 2, 617 e 619 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, chiudendo la fase sommaria, liquidi le spese ma ometta, al contempo, di fissare il termine per l'introduzione del giudizio a cognizione piena, è inammissibile atteso che, da un lato, il provvedimento conclusivo della fase sommaria, pur dovendo contenere necessariamente la statuizione sulle spese, in sé riesaminabile nel giudizio di merito, è privo del carattere di definitività, mentre, dall'altro, la mancata indicazione del termine entro cui introdurre la successiva eventuale fase di merito può essere sanata richiedendo l'integrazione del provvedimento, ex art. 289 c.p.c., ovvero introducendo autonomamente il giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ex art. 307 c.p.c. con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese. (Dichiara inammissibile, Trib. Monza, 04/11/2013).
Cass. civ. n. 5060/2014
Qualora il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento positivo o negativo della tutela sommaria, emesso nelle opposizioni di cui agli artt. 615, secondo comma, 617 e 619 cod. proc. civ., ometta di fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o - nelle opposizioni ai sensi degli artt. 615 e 619 cod. proc. civ. - per la riassunzione davanti al giudice competente, la parte interessata può, ai sensi dell'art. 289 cod. proc. civ., entro il termine perentorio ivi previsto, chiederne al giudice la relativa fissazione, ovvero può introdurre o riassumere, di sua iniziativa, il giudizio di merito, sempre nel detto termine, restando comunque esclusa l'esperibilità del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 10862/2012
Qualora il giudice dell'esecuzione accolga l'opposizione relativa all'impignorabilità di un credito sollevata all'udienza per la dichiarazione del terzo dichiarando improcedibile il pignoramento, contro tale provvedimento non è ammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., poiché, in una fase in cui al giudice è assegnata una "potestas" di tipo cautelare, come tale inidonea a dare luogo ad una decisione definitiva, il provvedimento irritualmente emesso non può acquisire una forza diversa a cagione della sua irritualità, anche se questa consista proprio nella chiusura illegittima del procedimento, mentre l'impugnazione in questione presuppone una decisione relativa ad una situazione di diritto sostanziale che presenti attitudine alla formazione del giudicato. Né la parte interessata resta priva di tutela, giacché essa può alternativamente chiedere al giudice dell'esecuzione la fissazione del termine per l'introduzione del giudizio di merito con istanza ai sensi dell'art. 289 c.p.c. nel termine perentorio previsto da detta norma, oppure introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito sempre nel detto termine.
Cass. civ. n. 22503/2011
È inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso il provvedimento che chiuda la fase sommaria di un'opposizione esecutiva proposta ai sensi dell'art. 615, secondo comma, 617 o 619 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, anche quando il giudice dell'esecuzione ometta di fissare, nel provvedimento in questione, il termine per l'introduzione del giudizio a cognizione piena e provveda sulle spese, atteso che il provvedimento, di accoglimento o di rigetto, con il quale si chiude la fase sommaria, è privo di definitività ma deve contenere necessariamente la statuizione relativa alle spese, eventualmente riesaminabile nel giudizio di merito, mentre la mancanza del provvedimento ordinatorio relativo all'introduzione della successiva fase (eventuale) del procedimento può essere sanata mediante richiesta d'integrazione formulata ai sensi dell'art. 289 c.p.c., o mediante autonoma iniziativa di parte rivolta all'introduzione del giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ai sensi dell'art. 307 c.p.c., con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese.
Cass. civ. n. 4137/1983
Qualora il giudice, pronunciando sentenza non definitiva, ometta di emanare separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio, non opera l'art. 289 c.p.c., riguardante i provvedimenti istruttori non contenenti la fissazione dell'udienza successiva e del termine entro cui le parti devono compiere atti processuali, né sono applicabili analogicamente le norme sull'interruzione del processo (artt. 299 e 300 c.p.c.), che consegue ad eventi specifici che colpiscono la parte, ovvero la disposizione per cui il termine determinato dal giudice per la rinnovazione della citazione, la prosecuzione, riassunzione o integrazione del giudizio non può superare i sei mesi (art. 307, terzo comma, c.p.c.) o quelle che stabiliscono un termine di sei mesi per la riassunzione della causa (artt. 50, 54, ecc., c.p.c.), le quali tutte postulano un onere di iniziativa a carico della parte all'uopo di compiere il prosieguo, nello stesso o in altro grado, del procedimento; mentre un onere siffatto non esiste nella situazione suindicata, ma la prosecuzione del processo resta rimessa all'adempimento da parte del giudice dei suoi doveri istituzionali, salva la facoltà dell'interessato di avvalersi di un atto riassuntivo come mezzo al fine di riprendere il contatto con l'ufficio giudiziario ed in quella sede instare per l'emissione del provvedimento istruttorio omesso.
Cass. civ. n. 2531/1977
Qualora il giudice istruttore, ammessa la prova testimoniale, non abbia fissato la relativa udienza, la parte interessata ha l'onere di chiedere la fissazione entro sei mesi dall'udienza di ammissione, ai sensi dell'art. 289 c.p.c., a pena di decadenza dalla prova.
Cass. civ. n. 2286/1951
Per evitare l'estinzione del processo è sufficiente che entro il termine perentorio previsto dall'art. 289 c.p.c. sia presentata al giudice la istanza di parte diretta ad ottenere l'integrazione del provvedimento istruttorio che non contenga la fissazione della udienza successiva o del termine entro il quale debbansi compiere gli atti processuali, a nulla rilevando che, in tal caso, il giudice provveda effettivamente all'integrazione dopo la scadenza del termine predetto.
Cass. civ. n. 2375/1949
Qualora il giudice, pronunciando una sentenza parziale, avesse omesso di emettere la separata ordinanza contenente i provvedimenti relativi all'ulteriore istruzione sulle questioni non decise, la parte interessata non potrebbe in tale situazione avvalersi delle disposizioni dettate dall'art. 289 per l'integrazione dei provvedimenti istruttori, ma avrebbe la sola possibilità di riprendere il giudizio con un atto riassuntivo diretto a provocare l'emanazione del provvedimento istruttorio omesso.
Cass. civ. n. 1604/1949
La sentenza che in se congloba, sia pure ibridamente, decisioni di merito e provvedimenti istruttori, per la parte relativa a quest'ultimi cade sotto la disciplina dell'art. 289 c.p.c. il quale si applica a qualsiasi provvedimento istruttorio incompleto, qualunque sia la forma o la denominazione dell'atto del giudice che lo racchiude, intesa per provvedimento istruttorio ogni disposizione volta a conservare in vita e ad imprimere moto al processo per l'ulteriore normale suo corso.