Trattasi di disposizione introdotta a seguito della Legge 69/2009, sulla scorta dell’ordinamento anglosassone e dell'istituto denominato
affidavit.
Scopo primario era quello di ottenere un risparmio di attività giurisdizionale rispetto alla tradizionale modalità di assunzione della prova testimoniale, ma nella pratica la modalità scritta si è rivelato un istituto utilizzato in via del tutto residuale e limitato.
Il primo comma indica le condizioni al ricorrere delle quali è possibile ammettere la testimonianza scritta, e queste sono costituite:
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dall'accordo delle parti;
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dalla natura della causa;
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da ogni altra circostanza.
Particolare attenzione va prestata all’uso del verbo “
può” nell’indicazione di tali condizioni, il quale lascia intendere che, malgrado la loro sussistenza, il giudice non è obbligato ad autorizzare l'assunzione testimoniale scritta.
La prima condizione è costituita dall'accordo delle parti: tutte le parti devono essere concordi sull'utilizzo di tale particolare modalità assuntiva della prova (ciò lascia prevedere che ci si potrà avvalere di tale modalità molto raramente).
La seconda condizione attiene alla natura della causa: i suoi elementi costitutivi devono essere tali da consentire al giudice di ammettere la testimonianza scritta (i fatti che caratterizzano la lite non devono mostrare particolari complessità descrittive).
Con l’espressione "
ogni altra circostanza", invece, si ritiene che si vogliano indicare ulteriori elementi, che caratterizzano la controversia e che consentono al giudice di andare oltre la tradizionale modalità di valutazione della prova testimoniale, fondata sulla sua assunzione diretta e su una valutazione immediata delle risposte.
Il primo comma richiama poi l'
art. 203 del c.p.c., norma che disciplina l'assunzione della prova al di fuori della circoscrizione del Tribunale; tale richiamo deve intendersi nel senso che la testimonianza in forma scritta potrà essere utilizzata anche in relazione alla prova delegata, anche se va sottolineato che l'utilizzazione della testimonianza in forma scritta renderebbe di fatto praticamente inutile la disciplina della delega per l'assunzione della prova testimoniale al di fuori dei limiti territoriali del Tribunale.
Dopo il positivo esperimento della fase relativa alla valutazione della ammissibilità della prova, il giudice dispone la deposizione testimoniale scritta, e chiede al testimone di fornire per iscritto, entro il termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato.
Quanto appena detto si ritrova nella parte finale del primo comma, volto a descrivere l'oggetto della prova testimoniale scritta, cioè la risposta che il teste deve fornire, in un tempo determinato, ad una serie di quesiti che il giudice, su istanza di parte, ha ammesso.
Il provvedimento di ammissione ha forma di
ordinanza, alla quale si applica la normativa generale sul tale tipo di provvedimento, in particolare con riferimento alla sua revocabilità e reclamabilità.
Tale ordinanza contiene una succinta motivazione in ordine alla valutazione che il giudice ha fatto di quegli elementi oggettivi a cui fa riferimento il primo comma.
La parte che ha richiesto la testimonianza dovrà poi predisporre il modello di assunzione della stessa, secondo la descrizione che ne viene fatta all'
art. 103 bis delle disp. att. c.p.c..
Ai sensi del secondo comma, tale modello, debitamente predisposto, deve poi essere
notificato al testimone.
L'esigenza e l’opportunità delle dichiarazioni scritte possono anche emergere in conseguenza di sopravvenienze processuali, e per tale ragione è consentito che le parti concordino la testimonianza scritta anche in un momento successivo a quello di ammissione delle prove (è comunque necessario che il teste da escutere e i capitoli da proporre al testimone siano stati ritualmente ammessi al processo, con l’ordinanza di cui al comma 7 dell’
art. 183 del c.p.c.).
Il terzo comma descrive la condotta che il teste deve tenere dopo che gli è stato notificato il modulo.
Malgrado l'intimazione al testimone sia stata recentemente deformalizzata, si potrebbe ritenere che tale modalità di notifica possa valere anche per la testimonianza scritta; tuttavia, considerata la particolare natura di tale prova, si ritiene preferibile ricorrere alla notifica per il tramite dell'
ufficiale giudiziario, e ciò anche con riferimento ai termini ed alla loro particolare disciplina.
Il teste deve dunque compilare il modulo o modello in ogni sua parte, formulando per iscritto una risposta separata a ciascun quesito, ovvero a ciascun capo di interrogatorio e precisando i capi ai quali non è in grado di rispondere, indicandone le ragioni.
Il quarto comma prosegue imponendo al testimone di sottoscrivere la deposizione scritta, apponendovi la propria firma, che dovrà essere autenticata.
L'autenticazione potrà essere effettuata da
notaio od anche da altro
pubblico ufficiale, come ad esempio il segretario comunale.
L’assenza di autenticazione comporta che la testimonianza scritta sarà viziata da
nullità.
La sottoscrizione deve essere apposta su ciascuna delle facciate del modello, che il testimone provvederà a spedire in busta chiusa, a mezzo raccomandata, alla cancelleria del Tribunale competente, o che potrà consegnare direttamente al cancelliere.
Si ritiene astrattamente possibile che il testimone si rechi presso la cancelleria del Tribunale competente per procedere alla autenticazione della sottoscrizione, consegnando successivamente al cancelliere la busta chiusa (tale modalità si ritiene consentita in considerazione delle funzioni certificative che ha il cancelliere).
E’ anche consentito al testimone di avvalersi della facoltà di astensione, disciplinata dall'
art. 249 del c.p.c.; in tal caso il testimone dovrà compilare il modello ricevuto, indicando le proprie complete generalità e specificando i motivi per i quali ritiene di volersi astenere dal rendere testimonianza.
Se il testimone non provveda a spedire o consegnare il piego contenente le risposte, il giudice potrà condannarlo alla
pena pecuniaria di cui all'
art. 255 del c.p.c.; occorre rilevare che tale sanzione può essere disposta dal giudice, anche nel caso in cui il teste spedisca o consegni il modulo non rispettando il termine stabilito.
Si fa tuttavia osservare che una cosa è rifiutarsi di rendere la testimonianza, non presentandosi in udienza, altra cosa è che il teste spedisce o riconsegna il modello testimoniale oltre il termine fissato dal giudice.
In questo secondo caso si tratta di una mera irregolarità, che determina la nullità della prova testimoniale ad assunzione scritta ma che, non necessariamente, comporta una sanzione per il teste.
Il penultimo comma si occupa della testimonianza avente ad oggetto documenti di spesa provenienti da un terzo (come ad esempio una fattura od un preventivo di spesa), la quale riguarda essenzialmente la conferma del documento di spesa, ovvero del suo valore economico e della prestazione ivi descritta.
Condizione essenziale, dunque, è che si tratti di documenti di spesa già stati prodotti dalle parti; trattasi di innovazione alquanto opportuna, in quanto consente di eliminare l'attività processuale (spesso inutile, perché semplicemente destinata alla conferma del documento) che dovrebbe svolgersi in udienza.
Spetta al difensore costituito raccogliere la dichiarazione del soggetto che ha redatto il documento di spesa, accertando l’identità del soggetto del quale raccoglierà la dichiarazione ed unendo la copia di un documento di identità.
L’ultimo comma della norma prevede che il giudice, esaminate le risposte date dal teste, in sede di assunzione scritta, possa, comunque, disporre che lo stesso teste sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.
Probabilmente tale regola di chiusura è stata introdotta al fine di consentire al giudice, non convinto della genuinità e della fondatezza delle risposte, di apprezzare direttamente la testimonianza, pur se in tal caso si rischia di vanificare lo scopo ultimo di tale complesso istituto, ossia quello di economizzare l’attività giurisdizionale.
E’ stato rilevato come sussista una antinomia tra il termine a cui si fa riferimento al primo comma e quello indicato nel quinto comma, in quanto parrebbero diversi; in particolare, mentre il primo termine sembrerebbe riferirsi alla redazione delle risposte scritte da parte del teste, il secondo sembrerebbe riferirsi al termine entro il quale il testimone deve inviare per posta o consegnare il piego, contenente il modulo testimoniale.
Si ritiene che la norma debba essere interpretata nel senso di esservi un solo termine entro cui il testimone deve redigere il modulo, riconsegnarlo o spedirlo con piego raccomandato.
Altra questione che si è posta in relazione a questa norma è quella relativa alla valenza probatoria che può attribuirsi al modulo testimoniale viziato da nullità, ma egualmente prodotto nel
fascicolo d'ufficio e, dunque, acquisito agli atti del giudizio.
Si ritiene preferibile la tesi secondo cui non può consentirsi che tale documento venga in qualche modo utilizzato, né dalle parti né dal giudice (in assenza di un riferimento testuale preciso, non può attribuirsi al cancelliere alcun potere di delibazione all'ingresso del piego inviato per posta o consegnato all'ufficio).