La norma in esame disciplina il procedimento attraverso il quale il
giudice civile adotta gli ordini di protezione di cui agli artt.
342 bis e
342 ter c.c.
Va sottolineato che l’art. 342 bis c.c. è stato modificato a seguito della Legge n. 304/2003, per effetto della quale, mentre in origine era previsto che per ottenere l'
ordine di protezione da parte del giudice civile, fosse necessario che la
condotta non integrasse gli estremi di un
reato perseguibile d'ufficio, adesso, invece, sono state soppresse le parole “qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d'ufficio”, il che ha comportato che la
competenza del giudice civile debba essere affermata in ogni caso, a prescindere dalla qualificazione penale della condotta pregiudizievole.
L’ordine di protezione viene adottato dal giudice, su istanza di parte, allorché venga accertata una condotta del coniuge o di un altro convivente che si ponga come causa di grave pregiudizio all'
integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente.
Secondo quanto previsto dall’art. 342 ter c.c., con il decreto di cui all'art. 342 bis c.c., il giudice ordina, al coniuge o al convivente, la cessazione della condotta pregiudizievole.
Tale ingiunzione
inibitoria costituisce il contenuto minimo e indefettibile dell'ordine di protezione; infatti, il giudice, sempre su istanza di parte, può disporre l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente a cui è addebitabile quella condotta, prescrivendogli, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al
domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri
prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia.
E’ anche possibile che il giudice disponga l'intervento dei servizi sociali o di associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e
maltrattamenti.
Il secondo comma dell’
art. 342 ter del c.c. riconosce al giudice il potere di ingiungere al coniuge o convivente molesto il pagamento di un assegno periodico a favore delle persone conviventi che, per effetto dell'ordine di protezione, rimangano prive dei
mezzi di sussistenza, ordinando se del caso che la somma sia versata direttamente all'
avente diritto dal
datore di lavoro dell'
obbligato.
Nella disciplina del procedimento di adozione degli ordini di protezione contro le violenze familiari si segue il modello legale dei
procedimenti in camera di consiglio, di cui agli artt.
737 e ss. c.p.c. (si tratta di un procedimento sommario camerale, capace di incidere su diritti soggettivi e caratterizzato da esigenze di particolare celerità).
L'atto introduttivo assume la
forma del
ricorso.
La legittimazione attiva va riconosciuta ai componenti del nucleo familiare che subiscono il pregiudizio, mentre legittimato passivo è il componente del nucleo famigliare che ha tenuto la condotta pregiudizievole.
In forza di quanto disposto dal primo comma della norma in esame, l'istanza può essere proposta anche dalla parte personalmente.
La competenza spetta al tribunale in composizione monocratica del luogo di
residenza o domicilio della
parte istante e si tratta di competenza territoriale inderogabile ai sensi dell'
art. 28 del c.p.c..
A condurre l'istruttoria è il giudice designato dal
presidente del tribunale, il quale, sentite le parti, procede, nel modo che ritiene più opportuno, agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti.
Il termine di otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto non è perentorio e può essere prorogato, prima della scadenza, per una durata non superiore al termine originario.
Qualora le parti dovessero raggiungere un accordo nel corso del procedimento, tale accordo rende improcedibile il ricorso.
Nello stesso decreto con cui viene disposto l'ordine di protezione, il giudice, ex art. 342 ter comma 3 c.c., determina la durata della misura, che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione della stessa.
Il termine massimo viene determinato in mesi sei, ma può essere prorogato dallo stesso giudice, su istanza di parte, se ricorrono gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.
Con il decreto che dispone l'ordine di protezione, il giudice determina le modalità di
attuazione dell'ordine di protezione; qualora dovessero sorgere contestazioni o difficoltà in ordine all'esecuzione dell'ordine, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione della misura, per i quali può avvalersi dell’ausilio della
forza pubblica e dell'ufficiale sanitario.
Per l’esecuzione dei provvedimenti contro gli abusi familiari si ritiene superflua la formalità della spedizione in forma esecutiva del
titolo e la
notificazione del titolo unitamente al precetto, dovendosi privilegiare, per ragioni di celerità, ogni forma di conoscenza legale del provvedimento da parte del soggetto che ne è
destinatario.
L'attività esecutiva dell'ordine di protezione deve essere compiuta mediante l’intervento dell’
ufficiale giudiziario; per la soluzione delle difficoltà o delle contestazioni nascenti nel corso della esecuzione dei provvedimenti non pecuniari contenuti nel decreto è competente lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento eseguito.
Per difficoltà debbono intendersi tutti gli ostacoli di natura materiale o giuridica che può incontrare l'ufficiale giudiziario nella sua attività discrezionale (es. interpretazione del titolo, identificazione dell'oggetto materiale dell'esecuzione, ecc.).
Ai sensi del terzo comma della presente norma, il decreto del tribunale, sia che accolga oppure rigetti il ricorso introduttivo, sia che confermi, modifichi o rigetti l'ordine di protezione precedentemente emesso, è impugnabile con il mezzo del
reclamo al
collegio, il quale deciderà in
camera di consiglio, entro dieci giorni dalla notificazione dello stesso (del collegio non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento).
Occorre precisare che il reclamo non sospende l'esecutività del decreto, non sussistendo un potere sospensivo analogo a quello previsto dall'
art. 669 terdecies del c.p.c..
Inoltre, secondo quanto previsto al quarto comma, il decreto emesso dal collegio in sede di reclamo non è impugnabile.
Va ricordato, infine, che è sempre possibile introdurre un giudizio ordinario di accertamento che abbia come oggetto i presupposti di emissione dell'ordine di protezione, a seguito del quale ottenere l'annullamento del decreto del tribunale.