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Articolo 211 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 28/09/2024]

Esercizio dell'impresa del debitore

Dispositivo dell'art. 211 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. L'apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell'attività d'impresa quando ricorrono le condizioni di cui ai commi 2 e 3.

2. Con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale, il tribunale autorizza il curatore a proseguire l'esercizio dell'impresa, anche limitatamente a specifici rami dell'azienda, purché la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori.

3. Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, l'esercizio dell'impresa, anche limitatamente a specifici rami dell'azienda, fissandone la durata.

4. Durante il periodo di esercizio, il comitato dei creditori è convocato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull'andamento della gestione e per pronunciarsi sull'opportunità di continuare l'esercizio.

5. Se il comitato dei creditori non ravvisa l'opportunità di continuare l'esercizio, il giudice delegato ne ordina la cessazione.

6. Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio, il curatore deve depositare un rendiconto dell'attività. In ogni caso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e il comitato dei creditori di circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell'esercizio.

7. Il tribunale può ordinare la cessazione dell'esercizio in qualsiasi momento laddove ne ravvisi l'opportunità, con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo, sentiti il curatore e il comitato dei creditori.

8. Durante l'esercizio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l'esecuzione o scioglierli. È fatto salvo il disposto dell'articolo 110, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. I crediti sorti nel corso dell'esercizio sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell'articolo 221, comma 1, lettera a).

9. Al momento della cessazione dell'esercizio si applicano le disposizioni di cui alla sezione V del capo I del titolo V.

10. Il curatore autorizzato all'esercizio dell'impresa non può partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto.

Ratio Legis

La norma prevede che l'apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell'attività di impresa: così facendo, il legislatore intende evidenziare che la nuova procedura concorsuale non sia finalizzata, necessariamente, ad una disgregazione dell'azienda e ad una vendita di tutti i beni materiali che ne fanno parte ma, ove possibile, abbia un fine di continuità, sia conservativo che funzionale ad una valorizzazione dei beni.

Spiegazione dell'art. 211 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

La l.g. non determina (v. ratio legis) necessariamente la cessazione dell'attività di impresa (comma 1°).

Il comma 2° attribuisce al tribunale, con la sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale, il potere di autorizzare la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, purché ricorrano i presupposti per far luogo alla prosecuzione dell'esercizio. La prosecuzione dell'esercizio dell'attività di impresa non deve però recare pregiudizio ai creditori.
L'autorizzazione non presuppone un saldo attivo dell'esercizio stesso, essendo al riguardo valorizzabile, ad esempio, la conservazione immediata o potenziale dei valori aziendali per la successiva vendita.

L'esercizio provvisorio, se non disposto tempestivamente dal tribunale, può essere autorizzato dal giudice delegato su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori (se già costituito); il che è possibile posto che gli elementi emergenti dall'istruttoria antecedente all'apertura della l.g. è solitamente contraddistinta dalla scarsità di elementi o dalla mancanza di collaborazione del debitore.

Attesi i possibili rischi incombenti sui creditori, si prevedono alcune accortezze: il comitato dei creditori va convocato dal curatore almeno ogni tre mesi, per informarlo sull'andamento dell'attività e per valutare la prosecuzione della stessa. Ogni sei mesi, e comunque al termine dell'esercizio, il curatore deve rendere il conto della propria gestione; il curatore deve informare il c.d.c. ed il g.d. delle circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell'esercizio provvisorio dell'attività d'impresa.
L'inadempimento rispetto a tali doveri può costituire motivo di revoca e di responsabilità ex art. 136 c.c.i.

Durante l'esercizio dell'impresa i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderli o scioglierli direttamente.

La prosecuzione dell'esercizio dell'impresa cessa se il comitato dei creditori non ravvisa più l'opportunità di proseguire l'attività. In tal caso, il G.d. ordina la cessazione.

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