La norma riproduce nella sostanza una parte dell'art. 489 del codice del 1865 e conferma un principio tradizionale che risale al diritto romano. Essa rappresenta una
estensione del godimento dell'usufruttuario al quale è attribuita la facoltà di ricavare dal bosco (anche se non destinato al taglio) i pali che siano necessari per le vigne e per le altre coltivazioni esistenti nel fondo dato in usufrutto. Tale facoltà si aggiunge a quella riconosciuta all'usufruttuario di far proprio il reddito legnoso del bosco ed è riconducibile al medesimo principio per cui l'usufruttuario può servirsi degli alberi di alto fusto atterrati per accidente per le riparazioni che sono a suo carico, ma probabilmente è meno giustificabile perchè l'obbligo della manutenzione che ha l'usufruttuario è correlato al vantaggio dei frutti e non si vede perchè quell'obbligo debba essere economicamente attenuato attraverso la estensione della sfera del godimento dell'usufruttuario. Probabilmente la norma andava abolita, così come è stata soppressa la facoltà dell'usufruttuario di atterrare alberi di alto fusto allo scopo di adoperarli per riparazioni.
Invece la norma è stata addirittura allargata perchè mentre l' art. 489 permetteva, almeno letteralmente, il prelevamento di pali per le vigne, l'art. 992
estende la regola anche alle altre coltivazioni. Il codice del 1865 chiariva inoltre che si doveva trattare di vigne comprese nell'usufrutto, ma questo chiarimento è scomparso nel nuovo testo probabilmente perchè è sembrato assolutamente superfluo non potendo essere dubbio che quella eccezionale facoltà dell'usufruttuario è accordata in quanto il bosco può, al di fuori e oltre il reddito da esso prodotto, rappresentare un' utilità per it resto del fondo in cui il bosco si trova.
Quanto al modo, all'epoca, dei tagli occorrenti perchè l'usufruttuario eserciti il diritto attribuitogli dalla disposizione in oggetto, egli deve uniformarsi a
ciò che si suole praticare nella regione. Il codice infatti ha riprodotto qui lo stesso limite stabilito per il godimento dei boschi, sostituendo il criterio oggettivo della pratica costante della regione a quello accolto dall'art. 489 dell'uso del paese o della pratica dei proprietari, dove peraltro il riferimento all'uso del paese era prevalente rispetto a quello della pratica individuale dei proprietari.
Non è stata invece riprodotta la parte dell'art. 489 nella quale si riconfermava il principio per cui l'usufruttuario poteva profittare dei prodotti annuali o periodici degli alberi osservando sempre l'uso del paese e la pratica dei proprietari. Ora non v'è dubbio che nell'economia dell'art. 489 la disposizione era fuori posto e che il diritto dell'usufruttuario di godere dei prodotti principali o accessori degli alberi del bosco (frutti, rami, foglie, resina, gomma, ecc.) era incontestabile in base ai principi generali dell'usufrutto, ma la norma aveva pure la funzione di imporre sia per la determinazione dei prodotti suscettibili di appropriazione sia per il modo di ricavarli un comportamento conforme all'uso del paese e alla pratica dei proprietari. Il che non era certo inopportuno, trattandosi di utilizzare superfici boschive, ed era in armonia con quanto sia il vecchio che il nuovo codice stabiliscono per la principale forma di utilizzazione dei boschi e cioè per i tagli. Invece la soppressione pura e semplice della norma (che era stata mantenuta nel Progetto preliminare), pur non giustificata affatto nei lavori preparatori, deve far concludere che nella determinazione dei prodotti e nel modo di percezione l'usufruttuario non debba attenersi alla pratica costante della regione, non potendosi argomentare in contrario dall'art.
989 che non è applicabile per analogia all'ipotesi nostra e tanto meno dall' art. 992 che regola una forma eccezionale di godimento dell'usufruttuario.