Anche questa causa di revocazione non opera ipso iure, ma solo a seguito di azione al cui esercizio è legittimato il donante, a meno che il figlio o discendente sia morto, in quanto la revoca è sancita nell’interesse di costui.
Il quinquennio, che per il vecchio codice del 1865 si riteneva fosse termine di prescrizione e per il nuovo codice, invece, è di decadenza, decorre dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o della notizia dell’esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.
L’azione in esame può comprendersi tra quelle che si estinguono e rinascono: infatti, se si ipotizza il caso di un donante, il quale, successivamente alla donazione, abbia un figlio e lasci decorrere i cinque anni dalla sua nascita senza proporre l’azione di revoca, egli ne decade; ma se poi abbia un altro figlio, può entro cinque anni dalla nascita di quest’ultimo far valere il diritto di revoca: di qui la denominazione di azione che si estingue e rinasce.
Il codice attuale non riproduce l’art. #1086# del precedente codice del 1865, che al donante accordava il diritto di far revocare la donazione per sopravvenienza di figli anche se avesse lasciato il donatario continuare nel possesso dei beni donati dopo la sopravvenienza del discendente; e non lo ripete perché l’art. #1086# conteneva una palese contraddizione: infatti, la circostanza che il donante abbia lasciato il donatario nel possesso dei beni donati, importava in quello acquiescenza, ossia rinuncia da parte sua al diritto di proporre l’azione.