Disciplina particolare dei contratti innominati
L'art. 1323 conferisce un vastissimo campo di efficacia alle norme del titolo II del libro delle obbligazioni. Ma non esaurisce il problema della disciplina dei contratti, perché va coordinato al richiamo dei principi generali dell'ordinamento giuridico, contenuto nell'art. 12 delle preleggi, e comprensivo del rinvio ai principi generali relative alle obbligazioni. Di più l'art. 1323 non indica quali norme debbano regolare i rapporti atipici (sulla cui nozione cfr. sub art. 1322, n. 3) nelle particolarità che possano esprimere, e per le quali non è sufficiente il richiamo dei principi generali: è stato giustamente rilevato che l'asserto secondo il quale un rapporto giuridico obbligatorio possa avere esistenza senza costituire una species, è una contraddizione logica.
Per i casi in cui il contratto atipico presenti commistione di elementi eterogenei appartenenti a tipi riconosciuti, il dibattito intorno al criterio da seguire per individuare le norme particolari alle quali il rapporto deve essere assoggettato ha dato luogo a vari sistemi: la c. d. teoria dell' assorbimento, per cui il contratto deve regolarsi col sussidio delle norme speciali previste per il tipo al quale appartengono gli elementi prevalenti, la c. d. teoria della combinazione, per la quale il contratto deve essere regolato dalle norme proprie a ciascuno degli elementi dei quali è costituito; la c.d. teoria dell' applicazione analogica, per la quale il contratto deve essere regolato mediante l'estensione analogica delle norme previste per ciascun tipo legale, e quindi tenendo sempre conto di tutti gli elementi particolari al contratto da regolare. Le critiche mosse a ciascuna di queste teorie hanno preso in considerazione soltanto alcuni lati del problema e solo per questo carattere unilaterale poterono apparire fondate. Invece il problema della disciplina dei contratti misti va osservato in un quadro organico e complessivo.
La teoria dell'assorbimento non chiarisce come siano regolabili quei rapporti nei quali si rinvengono elementi eterogenei di eguale valore giuridico; però nei casi di contratti ad elementi di varia natura, ma di importanza disuguale dà un aiuto decisivo, perché solo i dati di carattere principale sono, in un contratto riconosciuto, informatori del tipo, e non vi è ragione di dare ai dati accessori, nel contratto innominato, quella virtù che non hanno nel contratto nominato.
Invece nei contratti ad elementi eterogenei di importanza eguale solo la combinazione della disciplina, legale prevista per ciascun elemento del contratto misto consente una soluzione appagante; e questa combinazione non è, come si è sostenuto, disgregatrice dell'unità del rapporto, perché va fatta collegando e coordinando le norme da applicare, armonizzandole, in modo che esse risultino organicamente composte nel quadro inscindibile nel quale vengono ad inserirsi, con un risultato adeguato alla struttura e alla funzione del rapporto preso nel suo insieme. E a notare che verso il criterio della combinazione la legge avvia spesso l'interprete, così dando a vedere che il criterio stesso non va inteso né va applicato come dissolvente del complesso contrattuale (articoli 920, 1551, 1570, 1677, 1753, 1782). La combinazione delle norme non sarà certo un procedimento valido se la disposizione che si vuole applicare si giustifica esclusivamente per la particolare correlazione in cui si trovano i vari elementi di fatto nel contratto tipico; ma, fino a quando è possibile ricondurre il contratto misto alla disciplina dei contratti tipici, o per assorbimento o per combinazione, di estensione analogica non si dovrà parlare, perché l'analogia è fonte sussidiaria di diritto e, nei casi citati, l'applicazione diretta delle norme proprie di un tipo riconosciuto può rendere inutile il procedimento analogico. Il criterio della combinazione darà luogo a conflitti di norme nella disciplina complessiva del rapporto, quando devono essere regolate situazioni comuni a ciascuno degli elementi tipici di cui il rapporto è costituito: e così in materia di capacità, in materia di forme, si discuterà se debbano applicarsi al contratto misto i criteri più rigidi propri di un elemento o quelli meno rigorosi propri dell'altro. Ma la valutazione degli interessi in conflitto determinerà la soluzione del conflitto, e così, negli esempi fatti, non prevarrà il principio meno rigido che non è suscettibile di soddisfare alle esigenze tutelate dal principio di maggior rigore.
L'applicazione analogica delle norme di diritto positivo va incontestabilmente fatta a proposito dei contratti che rivestono elementi eterogenei in tutto o in parte extralegale, e limitatamente alla disciplina di questi elementi, che non potrebbe derivare dall'applicazione diretta di norme legali. A tal proposito non sembra sufficiente affermare che la natura dei fatti e la volontà privata possono costituire le fonti integrative della disciplina generale: la prima potrà rivelare il dato tecnico la cui conoscenza è utile alla identificazione delle norme da applicare, la seconda ha la sua importanza per individuare il rapporto e come dato di interpretazione, ma non sempre l'una e l'altra chiudono la disciplina speciale del rapporto stesso, e pertanto non di rado è necessaria una integrazione. Si intende che è anche possibile che il procedimento descritto conduca la fattispecie negoziale sotto la disciplina di tipi legali diversi; il principio della combinazione soccorrerà allora per regolare i rapporti fra i vari gruppi di norme che l'analisi compiuta avrà potuto individuare.
Nei casi in cui non è possibile rilevare simiglianze con tipi legali degli elementi di fatto extralegali, si è sostenuto che l'integrazione del regolamento del rapporto dovrà avvenire procedendo alla costruzione giuridica della fattispecie, cioè curando di ricondurla ad una figura giuridica nota mediante lo sfruttamento di ogni possibilità normativa offerta dall'ordinamento giuridico, e intendendola nel senso per cui potrebbe rientrare nella figura stessa, in modo da ottenere l'effetto della conservazione del rapporto; ma anche qui è possibile che il risultato dell'indagine conduca all'applicazione del principio dell'assorbimento.
In sostanza, deve ritenersi che il processo di ricerca della fonte normativa di un contratto innominato non possa schematizzarsi in una regola sola che comprenda tutte le ipotesi possibili. Ognuno dei criteri proposti è valido per alcune ipotesi, invalido per altre; ma nell'impossibilità di dedurre un criterio unitario dovrà imporsene uno eclettico che permetta di estrarre il principio che è più appagante rispetto alla singola fattispecie.
In tal modo rimane risolto anche il problema della disciplina integrative per i contratti nei quali non si ha mescolanza di tipi diversi. Per essi né la teoria dell'assorbimento né quella della combinazione da il sussidio di direttive; ma l'analogia e la costruzione permettono soluzioni di decisa correttezza.
Disciplina particolare dei contratti a scopo indiretto (negozi indiretti)
E’ stato anche discusso quale sia la disciplina particolare applicabile al contratto a scopo indiretto (v. supra, art. 1322, n. 3).
Questo può rispondere o ad uno scopo atipico o ad uno scopo tipico diverso dallo scopo del negozio-mezzo; se si dà prevalenza allo scopo ultimo, potrà aversi, nel primo caso, un contratto atipico, nel secondo caso sempre un contratto tipico; se invece il negozio-mezzo e il fine perseguito si pongono in situazione di uguaglianza, si avrà in entrambi i casi un contratto misto che, nel primo di essi, si costituirà di elementi parzialmente extralegali. La situazione di uguaglianza è però contraria alla volontà delle parti le quali, per la veste giuridica data all'intento indiretto, evidentemente vollero subordinare questo alla finalità del negozio tipico; l'intento indiretto non prende corpo in una figura concreta, e perciò non solo mancherebbe la possibilità di una commistione di negozi, ma anche la possibilità di individuare un negozio-fine capace di informare la disciplina del rapporto. La cui esistenza, del resto, farebbe perdere la sua rilevanza al negozio-mezzo, che, invece, ha l'importantissima funzione di porre ogni suo effetto a disposizione dello scopo indiretto, e di servire esso solo allo scopo medesimo.
Le finalità ulteriori che il negozio vuole conseguire non ne modificano, in sostanza, la causa, perché restano nella sfera dei motivi; e in conseguenza consentono che si attinga alle norme rivelate dalla causa la disciplina particolare di cui esso ha bisogno. Questa sarà la disciplina del contratto tipico se il negozio-mezzo è un contratto corrispondente a un tipo legale; se invece è un contratto misto, la disciplina speciale si determinerà secondo i criteri esposti al paragrafo precedente.
Lo scopo ulteriore influenza la disciplina del contratto soltanto in via negativa; nel senso cioè che al negozio indiretto si applicheranno quelle norme le quali mirano a impedire il conseguimento di un determinato intento pratico o ne permettono la realizzazione a determinate condizioni: le leggi penali e fiscali, le norme di tutela dei creditori, il divieto del patto commissorio, il divieto di usura, il divieto di donazione fra coniugi, le incapacità di ricevere per donazione o per testamento, i principi sulla riduzione per lesione di legittima e sull'obbligo di collazione, quelli sulla rescissione nella divisione, e, in base all'art. 809, quelli sulla revocazione della donazione, ecc. In tali casi le finalità di ordine pubblico costringono a valutare il motivo, il quale può informare i rapporti fra le parti, ma solo in quanto l'effetto che produce non sia in contrasto con la disciplina particolare del negozio-mezzo. Questa disciplina deve dominare il rapporto contrattuale, perché essa e non altra è stata prescelta dalle parti per l'attuazione dei loro scopi; senza di che il negozio indiretto, realmente voluto, si viene a confondere con quello simulato che viene sopraffatto dalla prevalenza assoluta del negozio dissimulato e cioè del negozio, al quale mirano le parti.
Disciplina dei negozi bilaterali non contrattuali e dei rapporti familiari patrimoniali
Si è già detto che la disciplina dettata per i contratti si estende in via analogica anche ai negozi bilaterali a contenuto non patrimoniale: si sono pure esposte alcune caratteristiche dei negozi di diritto familiare, che costituiscono limite all'estensione analogica (v. supra, sub art. 1321, n. 3).
Qui occorre aggiungere che gli intrecci di diritti patrimoniali, ai quali i negozi di diritto familiare danno luogo, mettono in essere un avvicinamento di questi ai rapporti contrattuali meno intimo di quanto potrebbe fare apparire loro comune contenuto economico. E’ stato osservato che i diritti patrimoniali a carattere familiare o costituiscono figure distinte, oppure, anziché identificarsi con le corrispondenti figure del diritto patrimoniale ordinario, se mai le imitano semplicemente: la loro caratteristica rimane sempre quella di servire al superiore interesse familiare, la struttura e le modalità di esercizio sono normalmente vincolate, la loro origine, di regola, va ricondotta ad uno status familiare o all'investitura in un potere, la loro natura è quella di diritti assoluti, com'è assoluta la situazione dalla quale derivano.
Va fatta, quindi, con cautela la estensione ai negozi di diritto familiare delle norme di diritto patrimoniale comune.