Opponibilità dell'eccezione di compensazione del credito del condebitore o concreditore, limitatamente alla quota. Ragioni dell'indirizzo legislativo della non comunicabilità del patto estintivo
Il debitore solidale che diventa creditore del suo creditore può indubbiamente opporgli il suo credito in compensazione. La questione che si pone in questo campo al legislatore è se il debitore possa opporre in compensazione il credito del suo condebitore, se si versa in caso di solidarietà passiva, od il debito del suo concreditore se si è nel campo della solidarietà attiva.
Nel diritto romano si negava questo diritto (L. IV, D. XI,V, 2) e tale tesi fu accolta dal codice napoleonico (art. 1254), dal codice del 1865 (#1290#).
Si ammise però che se non potesse il soggetto debitore invocare il credito del suo condebitore al fine di estinguere l'intero debito solidale, bene potesse invocarlo limitatamente alla quota del debito del condebitore.
Quindi la compensazione, se non aveva efficacia liberatoria piena, aveva però un effetto estintivo limitato alla quota del condebitore.
Questo criterio pareva opportuno ed equo; altrimenti il condebitore, in via di regresso, avrebbe corrisposto al debitore che aveva pagato l'intero, la sua quota, nonostante che il relativo debito si dovesse considerare non più in vita, ma estinto dall'opposto credito.
Il codice vigente si è uniformato a questo indirizzo (art. 1302); esso però lo ha esplicitamente esteso alla solidarietà attiva: quindi come il debitore può invocare, a fine di compensazione, il credito del suo condebitore, limitatamente alla quota di questo; così può invocare allo stesso scopo il debito del concreditore, pur dentro i limiti della quota.
In ordine alla compensazione non si è accolto il concetto della comunicabilità del fatto estintivo, in quanto giovi, e la incomunicabilità in quanto noccia, ma invece l'altro generale opposto, che cioè il detto fatto non abbia efficacia nei confronti degli altri soggetti, meno beninteso per la quota del soggetto titolare del credito o debito compensabile.
Nella relazione ministeriale si giustifica il criterio accolto. Si osserva che la compensazione è puramente personale ai soggetti che vantino gli opposti crediti e come tale, essa non è suscettibile di estensione. Solamente nei riguardi della quota del soggetto che ha compensato si è detto: sussiste un fatto che incide sul debito, e ne riduce l'ammontare e come tale influisce anche in confronto degli altri soggetti in omaggio alla massima generale che i fatti e gli atti che concernono la esistenza del credito o la quantità del credito si riflettono pienamente nella sfera di tutti i soggetti del rapporto solidale per quanto si siano spiegati verso uno solo di essi.
Vero è che, alla stregua di questo principio generale, potrebbe pure dirsi che la compensazione estingue il credito opposto sino alla concorrente quantità del debito del debitore e non solo per la quota di questo, perchè esso dovrebbe per tutto questo ammontare spiegare il suo effetto, nei confronti degli altri soggetti e non solo per la quota predetta.
Piuttosto deve affermarsi che il legislatore più che attenersi ad un criterio generale costantemente osservato ha qui avuto la visione del rapporto e fatto particolare ed ha adottato quella soluzione che ad esso è parsa più equa ed opportuna ed anche conforme ai precedenti tradizionali.
Possiamo pure aggiungere a giustificazione del criterio adottato in tema di compensazione e che differisce da quello accolto per la novazione e remissione (dove si accoglie il concetto dell'estinzione totale dell'obbligazione nei confronti dei veri condebitori solidali) che in questi due ultimi casi interviene un fatto del creditore a produrre l'estinzione dell'obbligo, e quindi è naturale la presunzione che, se non sussiste una diversa manifestazione di volontà, il creditore rimettente o novante abbia avuto riguardo all'obbligazione in relazione a tutti i soggetti, donde l'efficacia liberatoria piena del fatto estintivo, anche nei confronti di questi: nel terzo caso invece l'effetto estintivo nasce invece da una situazione, che non dipende essenzialmente e direttamente da fatto volontariamente compiuto dal creditore, ma dalle circostanze che sono costituite delle relazioni creditorie contrapposte e come tali quella presunzione di volontà non è più possibile.