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Articolo 1267 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Garanzia della solvenza del debitore

Dispositivo dell'art. 1267 Codice Civile

(1)Il cedente non risponde della solvenza del debitore(2), salvo che ne abbia assunto la garanzia(3). In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto(4); deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, e risarcire il danno(5) [19 l. camb.]. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto [1418].

Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso(6).

Note

(1) In tema di cessione dei titoli di imprese si veda l'art. 4, legge 21 febbraio 1991, n. 52.
(2) In tal caso si parla di cessione "pro soluto".
(3) Se la cessione è solutoria (1198 c.c.), cioè con l'intento di estinguere un debito del cedente verso il cessionario, si presume che essa avvenga "pro solvendo": il cedente non è liberato finché il creditore non ottiene la prestazione.
(4) La garanzia, cioè, non ha ad oggetto quanto il creditore-cessionario non ha ottenuto bensì quanto il creditore-cedente ha ricevuto.
(5) La tesi dominante ritiene che il risarcimento comprenda solo il danno emergente (1223 c.c.).
(6) La previsione è affine a quella di cui all'art. 1227 del c.c..

Ratio Legis

La norma regola i rapporti tra cedente e cessionario in ordine alla bonitas nomini, cioè alla solvibilità del debitore stabilendo che, di regola, il cedente non è tenuto a garantirla, sia che la cessione avvenga a titolo oneroso sia che avvenga a titolo gratuito. E' il cessionario, quindi, a sopportare il rischio dell'eventuale inadempimento del debitore.
Se, però le parti si accordano affinchè il cessionario garantisca la solvibilità, tale garanzia implica restituzione di quanto da questi ricevuto ma anche delle spese sostenute dal cessionario e degli interessi non conseguiti: questo perchè, altrimenti, la tutela del cessionario sarebbe irrisoria. La garanzia, però, non può essere aumentata altrimenti il cedente non sarebbe mai spinto a trasferire il credito e si rallenterebbero i traffici giuridici.

Brocardi

Cessio pro soluto
Cessio pro solvendo
Nomen bonum
Nomen verum
Veritas nominis

Spiegazione dell'art. 1267 Codice Civile

La garanzia dovuta dal cedente. Il nomen verum e la sua nozione ai fini della cessione. I limiti alla deroga convenzionale. La garanzia della cessione gratuita

I due articoli regolano l'obbligazione speciale di garanzia che incombe sull'alienante di questo particolare bene che e il credito. Il primo contempla la cosidetta garanzia del nomen verum, quella, cioè, che riguarda la verità, la sussistenza del credito nei suoi elementi costituitivi; l'altro quella del nomen bonum, vale a dire, della bontà, della utile realizzazione che si misura dalla consistenza patrimoniale del debitore. Per antica tradizione la naturale garanzia del cedente riguarda
primo elemento e non si estende al secondo.

L'art. 1266 apporta delle sostanziali innovazioni tanto al vecchio codice quanto al progetto del 1936; il quale ultimo nel corrispondente art. 236 riproduceva senz'altro la norma dell’art. #1542# sul contenuto della garanzia («esistenza del credito al tempo della cessione») aggiungendo peraltro un secondo comma per cui il cedente a titolo gratuito non era tenuto alla garanzia medesima.

Le novità del testo definitivo riguardano la possibilità e gli effetti della deroga convenzionale alla normale garanzia ed i limiti della garanzia stessa per la cessione a titolo gratuito.

Sotto il vecchio codice si dubitava fortemente se potesse validamente escludersi per patto la garanzia del nomen verum. Ora l'articolo 1266 nel secondo periodo del primo comma, risolve la questione in senso affermativo coerentemente alla analoga disposizione sulla vendita (art. 1487 del codice), aggiungendo appunto che il cedente rimane sempre obbligato, per il fatto proprio. Tale ipotesi sussiste non soltanto se il creditore cede arbitrariamente ad altri nelle condizioni previste dall'art. 1266, ma sempre che la evizione derivi da un fatto il quale risalga comunque alla sua volontà o si converta in suo vantaggio economico. E così, se il credito era simulato, se si rivela come estinto per pagamento ricevuto da esso cedente e via dicendo. Anche se il credito viene meno in seguito ad una inadempienza corrispettiva e risolutiva ad opera del cedente medesimo, si avrebbe il fatto proprio che implica la inderogabile garanzia; mentre il patto negativo può funzionare soltanto dove la persona o la attività del cedente sono estranei all’evento negativo o estintivo. Il che si verifica, ad esempio, per la nullità o per l'annullamento della obbligazione.

Non si riscontra in tema di cessione una norma espressa analoga a quella dell'art. #1488# per cui, in caso di evizione, il venditore è sempre tenuto alla restituzione del prezzo salvo che il contratto non abbia contenuto aleatorio; ma la evidente analogia del caso persuade a ritenere che tale minima garanzia sia applicabile anche qui, e che la esclusione convenzionale sia normalmente da limitare alla garanzia più ampia per i danni e per gli altri accessori contemplati nella analoga disposizione dell'articolo seguente. Senza questa limitazione al patto negativo, il cedente realizzerebbe un eventuale arricchimento indebito. Soltanto il contratto aleatorio, ove il rischio viene scontato sul prezzo di cessione, potrebbe, dunque, legittimare la esclusione totalitaria della garanzia.

Il secondo comma dell'art. 1266 colma una lacuna del vecchio codice in tema di cessione a titolo gratuito e riduce nei giusti limiti la cennata norma negativa espressa dal progetto 1936. Già il progetto medesimo aveva fatto un primo ragionevole passo inserendo in un successivo articolo (269) l'obbligo della garanzia per il fatto personale. Era uno dei casi in cui il vecchio art. #1077# del codice civile prevedeva la cauzionale garanzia a carico del donante (n. 2°). Il nuovo testo estende, razionalmente, la garanzia stessa a tutti gli altri tre casi espressi nell'art. 797 che è implicitamente richiamato. E così esso funziona: a) quando vi è il patto espresso; b) quando ricorra il dolo o il fatto personale del cedente; c) quando la cessione gratuita è a titolo di dote o di patrimonio familiare; d) quando essa impone degli oneri al cessionario o sia rimuneratoria, nei limiti di tali corrispettivi. Nei primi due casi la garanzia trova il suo fondamento nella volontà o nella responsabilità del cedente; negli altri due nella indiretta o parziale onerosità della cessione.


Garanzia della solvibilità (nomen bonum). La norma negativa; la eccezione in materia di cessione in pagamento e la regola contraria della girata cambiaria

Per antica tradizione, mantenutasi fino alle legislazioni moderne, la garanzia normale del cedente, come si è accennato, non si estende alla solvibilità del debitore. Quando il credito esista, è i1 cessionario che può e deve controllare la solvibilità di colui che egli accetta liberamente come proprio debitore. Una regola tutta contraria, giustificata dal meccanismo circolatorio cartolare, vige in tema di girata cambiaria, ove il regresso, pur limitato nel tempo e condizionato alle note forme, è una normale conseguenza che si può e si deve escludere soltanto con l'apposizione della clausola «senza garanzia». Ma altra indiretta eccezione la norma subisce nel cameo stesso della cessione quando la causa di quest'ultima risiede nel pagamento di un debito precedente. Già la dottrina, sotto il vecchio codice, riprendendo un antico insegnamento, distingueva la cessio in solutum, che produce la immediata e definitiva estinzione del debito, dalla cessio pro solvendo, in cui, pur verificandosi egualmente il trapasso definitivo del credito ceduto, la estinzione del debito rimaneva condizionata alla effettiva riscossione. La discriminazione precisa delle due ipotesi, però, dava luogo a delle difficoltà non bene superabili; mentre la stessa definitività del trasferimento era discussa nella cessio pro solvendo. Il nuovo codice (art. 1198), rimuovendo tali difficoltà, consacra la presunzione normale della cessio pro solvendo e richiede il patto espresso perchè la cessione in pagamento possa avere l'effetto estintivo immediato e definitivo del credito in ambedue i casi.


Il patto di tale garanzia e la radicale innovazione dei suoi effetti nel nuovo codice

Al difuori dei due cennati casi, dunque, la garanzia per la solvibilità doveva per il vecchio codice (art. #1544#), e deve per il nuovo (art. 1267) essere assunta dal cedente con apposito patto. Ma le modalità e gli effetti di tale pattuenda garanzia risultano ora profondamente modificati.

Anzitutto, nel vecchio art. #1543# erano rimasti oscuri tanto il contenuto normale quanto i limiti del pur previsto patto di garanzia. Già il progetto del 1936, rimuovendo una vecchia disputa sull'argomento aveva posto quella norma (art. 268) che è ora consacrata nel primo
comma dell'art. 1267; nonostante patto contrario, la garanzia convenzionale non si può estendere oltre il prezzo e gli accessori menzionati. Solo riguardo a questi ultimi si nota una divergenza col progetto cennato (comma 2°, art. cit.), il quale limitava i danni alle spese della cessione ed a quelle sopportate dal cessionario; mentre il nuovo testo vi aggiunge il risarcimento ordinario. Rimane, invece, la nuova norma per cui viene vietato il patto di garanzia per l'intero credito, ceduto eventualmente ad un prezzo di molto minore. Patto esoso ed usurario che non era escluso dalla equivoca formula dell'art. #1543#.

La più interessante novità si riscontra però nel secondo comma ove la regola del corrispondente art. #1544# del vecchio codice è completamente mutata. Nei due primi commi del vecchio articolo, infatti, la garanzia, nel silenzio delle parti, era misurata a termine fisso di un anno, computabile dalla data della cessione se il credito era già scaduto; o dalla scadenza in caso contrario. Parve a molti, ed era in verità, assai grave tenere impegnato il cedente per un anno quando la insolvibilità, dopo la cessione, poteva dipendere dall'arbitrario ed inevitabile ritardo del cessionario. Il progetto del 1936 volendo risolvere la situazione in favore del cedente, era caduto nell'eccesso opposto di riferire e limitare la garanzia allo stato del momento in cui si era stipulata la cessione, o a quello della scadenza ulteriore del credito non scaduto. In tal modo, il cessionario correva il rischio di ritrovarsi con una garanzia priva di valore pratico, se la insolvibilità si fosse verificata prima che egli avesse il tempo ed il modo di agire contro il debitore magari col sequestro conservativo. Il creditore, presentendo il dissesto del proprio debitore, avrebbe potuto anche agevolmente insidiare un cessionario di buona fede. La soluzione adottata dal nuovo codice prescinde da termini fissi, più o meno discutibili per un aspetto e per l'altro. Ceduto i1 credito, il cessionario è nella possibilità, ed è quindi in dovere, di non rendere più gravosa la posizione del garante. Se il debitore era solvibile al momento della cessione, il cedente ha già sostanzialmente adempiuto alla promessa garanzia. Ogni apprezzabile negligenza del cessionario, nell'iniziare o proseguire le istanze del caso contro il debitore, non può che ricadere a suo danno: la garanzia cessa. Nè, dopo aver lasciata all’apprezzamento del giudice la identificazione della colpevole negligenza, si può più fare distinzione tra credito scaduto e credito non scaduto al momento della cessione. Anche per il credito non scaduto il cessionario ha a propria disposizione i provvedimenti cautelari ora disciplinati nel capo III libro IV della nuova procedura civile. E se il creditore dimostra che il pericolo della insolvibilità era conosciuto, o conoscibile dal cessionario con la dovuta diligenza di un qualsiasi creditore, sorge la sanzione del comma in esame. Peraltro, dato il carattere dispositivo della norma, il cessionario potrà eventualmente garantirsi con un termine fisso come era quello presunto dal vecchio art. #1544# primo comma.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

124 L'art. 138 racchiude il principio accolto dell'art. 268 del progetto, ed estende la garanzia della solvibilità del debitore oltre l'ambito fissato dalla Commissione reale (art. 270), che era più ristretto di quello previsto dal codice civile (articolo 1544).
Per la Commissione reale la garanzia medesima concerneva la solvibilità al giorno della cessione se il credito fosse stato esigibile, e la solvibilità al giorno dell'esigibilità se il credito ceduto fosse stato sottoposto a termine o a condizione. Ora, per quanto il progetto della Commissione stessa facesse salvo il patto contrario, ognuno vede come questi limiti rendono la cessione troppo aleatoria ex parte del cessionario, ostacolando la circolazione dei crediti. Il sistema del codice civile, che garantisce l'insolvibilità verificatasi entro un anno dalla cessione o dalla esigibilità del credito, è più coerente alle esigenze del commercio giuridico, perché, mentre mira ad impedire le frodi dirette a far credere solvibile il debitore al tempo della cessione, costringe il cessionario ad essere sollecito nel provvedere ad esigere il credito.
Ho, tuttavia, ritenuto necessario colpire la negligenza del cessionario, verificatasi entro il periodo di durata della cessione, in modo da imporgli l'onere di agire contro il debitore quanto più celermente e possibile, e da evitare che un'azione tardiva pregiudichi gli scopi per i quali la garanzia è stata ristretta a una breve durata, Perciò ho deciso di ripristinare, con qualche temperamento, l'art. 1544 cod. civ., disponendo che la garanzia cessa anche prima dell'anno, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dovuta alla negligenza del cessionario, nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore.
125 Quanto agli effetti della cessione convenuta a titolo di pagamento, si è disposto (art. 139) che essa trasferisce al cessionario il credito anche se la estinzione del debito sia subordinata alla effettiva riscossione del credito ceduto.
Il principio è ius receptum, e non sembra contrastare con la norma dell'art. 93 che, di regola, considera pro solvendo la cessione. Detta presunzione ha riguardo, più che altro, all'effetto liberatorio della cessione rispetto al debito che dovrebbe coprire: ora questo effetto, per quanto possa essere differito, non fissa l'appartenenza del diritto ceduto, tanto vero che il cessionario può esercitare il suo potere verso il debitore per costringerlo all'adempimento anche quando la cessione è pro solvendo.

Massime relative all'art. 1267 Codice Civile

Cass. civ. n. 15080/2018

La cessione di credito, stipulata in occasione di un finanziamento, assume funzione di garanzia atipica, paragonabile nei suoi effetti a quella tipica prevista dalla legge nei casi consimili di pegno di crediti. Qualora, dopo la cessione "pro solvendo" del credito, si verifichi il fallimento del cedente, il credito trasferito al cessionario, il quale, in relazione alla garanzia della solvenza, è tenuto ad escutere in primo luogo il debitore ceduto ex art. 1267, comma 2, c.c., è trattato nei confronti del fallito alla stregua di un credito condizionale, a tenore dell'art. 55, comma 3, l. fall., sicché, ai sensi dell'art. 95, comma 2, l. fall., esso deve essere ammesso al passivo con riserva, con conseguente obbligo di accantonamento, nella distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo fallimentare, delle quote assegnate al creditore.

Cass. civ. n. 3469/2007

La cessione del credito in luogo dell'adempimento, prevista all'art. 1198 c.c., non comporta l'immediata liberazione del debitore originario, la quale consegue solo alla realizzazione del credito ceduto, ma soltanto l'affiancamento al credito originario di quello ceduto, con la funzione di consentire al creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest'ultimo credito; all'interno di questa situazione di compresenza, il credito originario entra in fase di quiescenza, e rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il creditore può rivolgersi al debitore originario. Ne consegue che finché non è esigibile il credito ceduto pro solvendo tale non è nemmeno il credito originario; mentre quando quest'ultimo diviene esigibile, non per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso l'onere della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore ceduto, stante il rinvio operato dall'art. 1198, secondo comma, c.c. Ne consegue ulteriormente che, non essendovi estinzione del debito originario — con trasformazione novativa in obbligazione accessoria di garanzia del debito ceduto —, ma rimanendo in vita entrambi i debiti, con impossibilità di chiedere al cedente l'adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa escussione del debitore ceduto, solo da tale momento, in conformità con il principio posto all'art. 2935 c.c., inizia a decorrere la prescrizione relativa al debito ceduto.

Cass. civ. n. 2110/2000

In tema di cessione del credito pro solvendo, la garanzia del cedente per mancata realizzazione del credito da parte del cessionario è condizionata alla dimostrazione, da parte di quest'ultimo, dell'adempimento dell'onere di cui all'art. 1267 c.c. (richiesta di pagamento di quanto dovuto al debitore ceduto, o quantomeno, dimostrazione della totale inutilità delle istanze di pagamento, attesa la notoria insolvenza del debitore al momento della cessione).

Cass. civ. n. 7018/1999

In tema di cessione del credito, non integra gli estremi della violazione dell'obbligo di diligenza cui all'art. 1267, secondo comma, c.c. (diligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto) la mancata espressione di un voto favorevole, da parte del cessionario, all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, onde evitarne il fallimento, e la conseguente insolvibilità del credito ceduto (nella specie, ceduto un credito ad un istituto bancario, il cedente aveva lamentato che quest'ultimo, chiamato ad esprimere il proprio voto in merito all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, avesse omesso di manifestarlo, con ciò causando la dichiarazione di fallimento del debitore: la S.C., dopo aver rilevato, in fatto, che la natura della cessione — pro solvendo — escludeva qualsiasi questione in ordine alle garanzie dovute dal cedente diverse da quella concernente la veritas nominis, ha incidenter tantum enunciato il principio di diritto di cui in massima).

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