I vizi della obbligazione originaria e i loro riflessi sulla efficacia della novazione
Questo articolo è completamente nuovo e consacra, in due espresse disposizioni, quello che era il risultato della dottrina e della giurisprudenza circa il requisito fondamentale della novazione, anzi la causa specifica del negozio novativo; vale a dire la sussistenza e la efficienza della obbligazione da estinguere e novare. Che tale obbligazione, per la efficacia della novazione e quindi per la validità della obbligazione, dovesse avere anzitutto giuridica ed effettiva sussistenza, era pacificamente riconosciuto da tutti. La mancanza di tale presupposto obiettivo offre il mezzo al debitore per far dichiarare la inefficacia del nuovo debito per difetto di causa; salvo che non se ne dimostri una tutta diversa da quella novativa. Nella novazione oggettiva, che è quella a cui la disposizione in esame si riferisce, tale norma non ha incontrato mai una apprezzabile difficoltà di applicazione; o i contraenti sapevano di quella insussistenza e si rientra nel concetto di simulazione del negozio novativo; o non lo sapevano e funziona l'exceptio o la condictio per mancanza di causa obligandi. Naturalmente, con l'onus probandi a carico dell'obbligato. Questo per l'ipotesi di insussistenza assoluta, cui i casi decisi in passato dalla giurisprudenza si riferivano. I dubbi e le difficoltà si erano invece manifestati per le ipotesi di nullità, annullabilità, od incoercibilità della obbligazione (obbligazione naturale).
Alla obbligazione inesistente era comunemente parificata quella derivante da un negozio nullo per illiceità o per altro motivo contemplato dalla legge. Nel sistema del nuovo codice, la nullità, con i suoi presupposti ed i rigorosi effetti, è stata disciplinata, secondo i dettami della consolidata dottrina, in un capo apposito e separato da quello che regola la annullabilità (cfr. Capi XI e XII, Titolo II pres. libro). Le due combinate disposizioni degli articoli 1418 e 1423, in cui sono enunciate le cause di nullità ed è sancita la inammissibilità della convalida, già dimostrano come, anche nel nuovo sistema, la nullità sia parificabile alla espressa insussistenza quanto all'effetto di invalidare la novazione. Peraltro l'ambito ristretto e specifico, entro il quale il secondo comma dell'articolo in esame consente che una obbligazione invalida serva di base sufficiente per la novazione, chiarisce ad abbondanza che ogni altra diversa e maggiore invalidità produca l'effetto negativo del primo comma. Dispone, infatti, tale secondo comma che quando la originaria obbligazione deriva da un titolo annullabile, la novazione è valida soltanto se il nuovo debito venga validamente assunto con cognizione del vizio di origine. Si tratta, come è chiaro, di una applicazione particolare della norma sulla convalida tacita degli atti annullabili (art. 1444, 20 comma cod. civ.), dacché la dichiarazione novativa è parificata alla volontaria esecuzione. Da tale norma si evince che ogni altra più grave nullità, la quale sia assoluta ed insuscettibile di convalida, produce l'inefficacia della novazione.
La questione per le obbligazioni naturali
Antica e tuttora viva nella dottrina è la disputa sulla novabilità della obbligazione naturale. La soluzione certamente affermativa, che deve adottarsi per il diritto romano, non porta alcun contributo nel diritto nostro, ove la obbligazione naturale ha un contenuto ed un ambito ben diverso e ristrettissimo. Già sotto l'impero del vecchio codice la grande maggioranza della dottrina e la giurisprudenza consolidata erano per la soluzione negativa. Il dissenso di qualche scrittore dipendeva sopratutto dal concetto disputato e disputabile della obbligazione naturale nel sistema del vecchio codice, ove al di fuori della equivoca e generica menzione dell'art. #1237#, e dei due casi di irripetibilità per il gioco e per gli interessi non pattuiti per iscritto, non vi era alcuna base sicura per costruirvi la teoria e trarne le conseguenze giuridiche costanti. Oramai, come sarà spiegato meglio nel settore apposito (Titolo VII, dell'indebito pagamento), la obbligazione naturale ha attinto nel. nuovo codice una precisa quanto brevissima disciplina, che .basta per risolvere anche la questione della novabilità. Invero, da un canto, il nuovo art. 2034 del presente libro amplifica il concetto della obbligazione naturale estendendolo ad ogni «dovere morale e sociale», dall'altro, nel secondo comma, restringe l'effetto di tali doveri, come di ogni altro per cui la legge non accorda l'azione, alla sola irripetibilità di quanto è stato spontaneamente pagato. E’ fuori discussione, pertanto, che la obbligazione naturale non è suscettibile di novazione, dacché la novazione non è pagamento, ma assunzione di nuovo debito.
Il requisito della capacità
Con l'articolo qui esaminato ha termine la nuova regolamentazione della novazione, che è limitata come si vede, alla novazione oggettiva. Non vi è riprodotta la disposizione del vecchio articolo #1268#, in cui si diceva che la novazione non potesse validamente effettuarsi se non tra persone capaci di contrattare. La equivoca norma che derivava dal codice francese (art. 1272), era stata considerata dalla dottrina come una vacua ripetizione del già enunciato principio fondamentale in materia di contratti. Troncando le sottili distinzioni escogitate per attribuirle un particolare e ragionevole risultato, il nuovo codice la ha decisamente soppressa come superflua od equivoca. Si intende bene anche senza di essa, che il creditore non può consentire la novazione se non ha la piena disponibilità del credito, la cui estinzione è l'effetto principale e grave del negozio novativo.