Si ricollega alla procedura per la chiusura dell'inventario l'obbligo del tutore di dichiarare i propri crediti ed i propri debiti nei confronti del minore affidato al suo ufficio, e l'obbligo correlativo del cancelliere e del notaio, preposti alla redazione dell'inventario, o del giudice tutelare, nel caso di inventario senza opera di cancelliere, di interpellare su ciò il tutore, e quindi di fare menzione della interpellazione e della dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito.
L'obbligo del tutore si giustifica per la necessità di
conoscere la posizione del tutore nei confronti del minore, dal punto di vista patrimoniale, e quindi l'entità della opposizione di interessi che apporta la esistenza di un debito o di un credito o di qualsiasi altra ragione che il tutore possa vantare di fronte al minore. Qualora questa opposizione di interessi è di così grave portata e di tal natura da poter dar luogo ad una lite per effetto della quale può essere pregiudicata una parte notevole del patrimonio del minore, si rientra nel caso di incapacità prevista dal n. 3 dell'art.
350 e quindi il tutore deve cessare dall'ufficio; in caso diverso la dichiarazione del tutore ha lo scopo di consentire al giudice tutelare di valutare l'entità del conflitto e di prendere, se lo ritiene necessario, gli opportuni provvedimenti cautelari.
L'obbligo del tutore di dichiarare i propri crediti, stando alla formulazione della prima parte dell'art.
367, non è subordinato alla interpellazione del cancelliere o del notaio o del giudice tutelare, che costituisce l'oggetto di un obbligo autonomo; viceversa, in base all'art. #285# del codice del 1865 si faceva obbligo al tutore di dichiarare i propri debiti, crediti o altre ragioni "sulla interpellazione del notaio". Se ne dovrebbe dedurre la responsabilità del tutore per la omessa dichiarazione, anche quando le autorità menzionate nell'art. 367 abbiano trascurato di compiere l'interpellazione. Senonché l'art. 368, che stabilisce la sanzione per la omessa dichiarazione del credito, delle ragioni o del debito del tutore, distrugge quella indipendenza che si potrebbe dedurre dall'art. 367, perché, riproducendo il contenuto dell'art. #286# del codice del 1865, richiede ai fini della applicazione della sanzione che il tutore abbia omesso la dichiarazione su espressa interpellazione: quest'ultima quindi deve anche adesso considerarsi come presupposto indeclinabile per l'applicazione delle sanzioni disposte dall'art. 368.
La mancanza di dichiarazione, in seguito alla interpellazione, produce gravi conseguenze: se si tratti di crediti, la decadenza di ogni diritto; se si tratti di debiti, può importare la rimozione dall'ufficio a giudizio del giudice tutelare. Qui è opportuno notare, in primo luogo, che presupposto di tali sanzioni, oltre alla interpellazione, è la scienza del tutore sui propri crediti o ragioni o debiti, e quindi la volontà di occultarli, ed in secondo luogo la più grave considerazione che l'art. 368 fa della omessa dichiarazione del debito, richiedendosi ai fini della rimozione dalla tutela, a differenza di quanto avveniva per il codice del 1865, non soltanto e necessariamente l'omessa dichiarazione, ma anche la dichiarazione non fedele del proprio debito.