Nel diritto romano, ogni cittadino era contraddistinto da tre nomi (per esempio, Gaio Giulio Cesare). Il primo era il praenomen, che caratterizzava l'individuo e corrispondeva al nostro nome di battesimo (nell'esempio, Gaio). Il secondo era il nomen gentilicium, che caratterizzava la gente di appartenenza (nell'esempio, Giulio, appartenente alla gens lulia). Il terzo era il cognomen, che caratterizzava la famiglia di appartenenza e corrispondeva al nostro cognome (nell'esempio, Cesare). Inoltre, l'individuo poteva avere altri soprannomi in aggiunta al cognome familiare (per esempio, Ottaviano, Augusto, Pio, Felice). Nel periodo più arcaico, solo i patrizi avevano il nome gentilizio. In un secondo tempo, i clienti plebei assunsero il nomen gentilicium del loro patrono. Infine, nel periodo della decadenza, si perdette il ricordo dell'appartenenza alle genti, e il nome gentilizio cadde in disuso. Proprio in conseguenza di ciò, il diritto italiano contempla l'uso di due nomi: il prenome e il cognome.