(massima n. 1)
Quando il contratto collettivo definisce l'assenza del lavoratore prolungata oltre i tre giorni e non giustificata quale dimissioni, l'assenza medesima assume il valore giuridico di un atto di dimissioni, in quanto considerata espressione della volontà del lavoratore di recedere dal rapporto, per convenzionale ed esplicita disposizione delle parti in tal senso, che ravvisano le dimissioni come intervenute per fatti concludenti. Né può ritenersi che il datore di lavoro perda il potere di valorizzare tale qualificazione contrattuale per avere in un primo momento ipotizzato la valenza disciplinare del comportamento del lavoratore, dando inizio ad un procedimento disciplinare, cosa come non è preclusiva la circostanza che la presa d'atto delle dimissioni sia intervenuta dopo un periodo di ripresa del lavoro, di una durata giustificata dalle esigenze di valutazione da parte dell'apparato direzionale della società datrice di lavoro.