(massima n. 1)
L'accettazione, da parte del lavoratore, del provvedimento datoriale di sospensione del lavoro, quale alternativa al licenziamento, per temporanea mancanza o insufficienza di commesse, comporta la perdita del diritto alla retribuzione, attesi il vincolo di corrispettività delle prestazioni dovute dalle parti del rapporto e la non ravvisabilità, nell'accettazione predetta, di una rinuncia (alla retribuzione) invalida ai sensi dell'art. 2113 c.c. o nulla siccome relativa a diritti di futura acquisizione. Qualora, peraltro, l'accordo che abbia per oggetto la sospensione del rapporto sia affetto da nullità (ex artt. 1346 e 1418 c.c.) per indeterminatezza o per indeterminabilità dell'oggetto — in quanto la sua concreta operatività dipenda dalla unilaterale volontà del datore di lavoro e non dal consensuale riconoscimento, ad opera dei contraenti, della ragione concreta ed attuale della sospensione del rapporto — ovvero perché la sospensione del rapporto, in quanto assoggettata alla mera volontà del datore di lavoro, sia collegata ad una condizione meramente potestativa (art. 1355 c.c.), non può ritenersi sussistente — in conformità con i principi di effettività e di corrispettività del rapporto di lavoro, di cui è espressione anche l'art. 2126 c.c. — il diritto alla retribuzione ove non si accerti l'esecuzione della prestazione lavorativa o, quanto meno, la messa a disposizione, da parte del lavoratore, delle proprie energie lavorative.