(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 2119, secondo comma, c.c., la cessazione del rapporto di lavoro non deriva automaticamente dal fallimento dell'imprenditore o dalla liquidazione coatta amministrativa dell'azienda, ma può aversi o per effetto del licenziamento operato dal curatore o dal liquidatore ovvero a causa della dissoluzione della realtà aziendale, la quale a sua volta non si riconnette necessariamente alla mancata continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa, ben potendo il bene giuridico aziendale sopravvivere alla mera cessazione dell'attività per un periodo più o meno lungo; ne consegue che, in caso di trasferimento dell'azienda insolvente, è applicabile l'art. 2112 c.c., che sancisce, imperativamente, la continuità dei rapporti di lavoro in corso con l'azienda ceduta, non ostandovi la circostanza che si sia in presenza di un trasferimento coattivo, atteso che la fattispecie «trasferimento» prescinde dall'esistenza di un rapporto contrattuale, assumendo esclusivo rilievo non il mezzo giuridico in concreto impiegato, ma soltanto il fatto che il nuovo imprenditore diventi titolare del complesso organizzativo e funzionale di beni. (Fattispecie relativa alla liquidazione coatta amministrativa di una Banca popolare con subentro del Monte dei Paschi di Siena; la Suprema Corte, nell'affermare il principio di cui in massima, ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva accertato l'avvenuto trasferimento dell'azienda, e non soltanto di singoli beni, sulla base dei seguenti elementi: l'utilizzo da parte del Monte subentrante degli stessi sportelli dell'impresa insolvente, la cessione di tutti gli elementi attivi e passivi dell'azienda, compreso l'avviamento, e il mantenimento in servizio degli stessi dipendenti).