(massima n. 1)
E del tutto legittima perché non si pone in contrasto né con l'art. 36 Cost. né con l'art. 2108 c.c. la condotta del datore di lavoro che — in presenza della contrattazione che predetermini, nell'esercizio dell'autonomia delle organizzazioni sindacali, un orario normale inferiore rispetto a quello massimo fissato per legge (ora individuato dall'art. 2 del D.L.vo n. 66 del 2003) — corrisponda ai propri dipendenti, che abbiano superato il limite convenzionale senza superare quello (massimo) legale, un corrispettivo per il suddetto lavoro inferiore a quello prescritto dall'art. 2108 c.c. per l'orario straordinario (disciplinato attualmente dagli artt. 1, comma secondo, lett. c), e 5 del citato D.L.vo n. 66 del 2003), atteso che il dettato costituzionale deve essere letto non in relazione ai singoli elementi retributivi, ma al complessivo trattamento economico riconosciuto al lavoratore subordinato ed, inoltre, perché l'inderogabilità del menzionato art. 2108 c.c. opera soltanto in presenza di violazioni dei tetti massimi di «orario normale» previsti da norme legislative. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, con riferimento a dipendenti della Cotral, ora ME.TRO metropolitana di Roma Spa, aveva ritenuto che con l'accordo del giugno 1983 le parti collettive avessero concordato la riduzione dell'orario normale effettivo da 39 a 37 ore settimanali e che quindi il compenso per lo straordinario dovesse essere parametrato al divisore 37 posto che ove le parti collettive avessero convenzionalmente previsto il maggiore divisore 39 avrebbero individuato una minore base di calcolo e introdotto un numero percentuale da applicare su tale fittizia paga oraria, inferiore a quelle del 10 per cento di natura legale, per cui la relativa clausola si sarebbe posta in contrasto con l'art. 5 del R.D.L. n. 692 del 1923. La S.C., decidendo nel merito, ha ritenuto corretto l'operato della società che aveva calcolato lo straordinario su una base retributiva di 39 ore, sicché le voci reclamate dai lavoratori erano state effettuate su una quota oraria determinata sul divisore 39, conseguendone l'infondatezza della domanda di ricalcolo sul divisore 37).