(massima n. 1)
Dalla lettura logico-sistemica della legislazione in materia di orario di lavoro si desume che, come regola generale, la settimana di calendario costituisce il parametro di riferimento dell'orario massimo normale sia in relazione alla singola giornata lavorativa sia in relazione all'intera settimana lavorativa (rispettivamente corrispondenti ad 8 e 48 ore di lavoro effettivo ex art. 1 R.D.L. n. 692 del 1923, convertito nella legge n. 473 del 1925, e quest'ultimo ridotto a 40 ore di lavoro effettivo dall'art. 14 della legge n. 196 del 1997). Peraltro, è consentito alla contrattazione collettiva sia derogare in melius ai suddetti limiti, sia parametrare l'orario cosa individuato nell'ambito di una settimana non coincidente con quella di calendario ma invece con quella corrente da un riposo ad un altro ovvero anche nell'ambito di un periodo più lungo (facoltà che è stata legislativamente riconosciuta in favore dell'autonomia collettiva solo con l'art. 14 della legge n. 196 del 1997 cit.). Tuttavia, la legittimità di tale contrattazione collettiva è subordinata ad alcune condizioni. Infatti, per la disciplina antecedente alla legge n. 196 del 1997, tale legittimità presupponeva il rispetto continuo e costante — e cioè in riferimento ad ogni singola giornata di esecuzione dell'attività lavorativa e ad ogni periodo di sette giorni lavorativi — dei limiti temporali (di 8 ore giornaliere e 48 settimanali) fissati dalla legislazione all'epoca vigente a garanzia della salute del lavoratore; in base all'art. 13 della legge n. 196 del 1997 cit. invece, l'ammissibilità della fissazione convenzionale dell'orario normale settimanale in termini ridotti rispetto al limite legale delle 40 ore (limite, la cui osservanza è consentita con il criterio della cosiddetta media multiperiodale e, cioè, in termini più flessibili) è condizionata al rispetto del limite delle 8 ore giornaliere in quanto, ancorché la nuova normativa non contenga alcuna disposizione in merito all'orario normale massimo giornaliero, è da escludere che la contrattazione collettiva possa derogare al suddetto limite, in considerazione sia della rilevanza costituzionale della durata massima della giornata lavorativa sia dell'autonomia — e non alternatività — dell'orario giornaliero rispetto all'orario settimanale. (In base ai suddetti principi la S.C. ha respinto la domanda proposta da un dipendente dell'Arin — già Aman — tendente ad ottenere un computo più favorevole del lavoro straordinario).