(massima n. 1)
In tema di contrattazione collettiva, le cosiddette «ipotesi di accordo» possono non rappresentare la mera documentazione dello stato finale raggiunto dalle trattative, ma costituire espressione di un'effettiva volontà contrattuale, trovando giustificazione, in tale caso, l'adozione del termine «ipotesi» nel fatto che viene fatta salva una fase di ratifica della conclusa stipulazione negoziale, soprattutto nell'interesse della parte che rappresenta i lavoratori. Spetta al giudice del merito accertare quale natura possa in concreto attribuirsi ad una ipotesi di accordo, sulla base della volontà delle parti, che può anche essere implicita e desumibile da prassi — aziendali, settoriali ed eventualmente anche nazionali — sufficientemente concludenti. (Nella specie, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva riconosciuto piena efficacia ad una ipotesi di accordo, senza una chiara ed adeguata motivazione in ordine alla funzione attribuita alla sottoscrizione da parte dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali e alla approvazione delle assemblee di base e, comunque, relativamente alle ragioni per cui il termine «ipotesi» avrebbe valore di mera clausola di stile, attribuendo, inoltre, immediata valenza probatoria a informazioni sindacali assunte in un giudizio diverso a norma dell'art. 425, comma primo, c.p.c., peraltro prive del requisito della univocità).