(massima n. 1)
Il danno non patrimoniale derivante dalla perdita di un prossimo congiunto non si identifica con la sofferenza psichica transeunte, ma comprende tutti i pregiudizi non patrimoniali derivati dal fatto illecito. Ne consegue che la liquidazione di un danno definito "morale" e derivante da morte del prossimo congiunto, effettuata dal giudice di merito prima della sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite (con la quale, sopendo i precedenti contrasti, si è stabilito che il danno non patrimoniale ha natura omnicomprensiva e non limitata alla sofferenza psichica transeunte), non è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo della omessa liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, se non risulti in modo inequivoco che attraverso essa il giudice di merito abbia inteso risarcire unicamente la sofferenza morale transeunte.